Quanto siamo stati scemi finora in fatto d’illuminazione. Dentro le case, per esempio. L’insegnamento (saggio) era: 75-100w per le luci centrali dei vani principali, poi 40w per la scrivania, 15w per le abat-jour, 60w per studio e bagno, 40w fuori dal portone nel lampioncino funerario, 60w sul balcone ma era come non avercela, nel casino non trovavi mai niente. Per le scale condominiali le luci “automatiche”, che s’accendevano con una fucilata e ti piantavano sempre al buio a metà rampa. Le corse – gli introppicamenti – quante suonate dal vicino scambiato per l’interruttore delle luci, le fughe.

Il giardino tutto buio, e poi – a parte che chi ce l’aveva il giardino… – perché illuminarlo?

Per strada, i soliti lampioni del Comune, stesi lungo fili o sui pali. Rivolti in giù. Ci si vedeva.

Tutto sbagliato. Le luci vanno diversamente. Qualche avvisaglia, anni fa, s’era già avuta dentro casa (quando in edicola apparve Casa Amica), prima con quei controsoffitti tipo Veneta: scavati, con i tubi del neon stesi dentro che facevano scena. Poi si passò a spararci, sui soffitti e sui muri, direttamente i fari: la luce diffusa! Se non avevi i muri vecchi – ma ce li avevi – facevano davvero scena. Ma cominciarono a volerci, sempre, dai 100w in su. Per forza, invece d’illuminare il libro, il tavolo da pranzo o il lavandino, buttavi tutta la luce sugli intonaci. Però era la moda.

Finché per gli esterni l’ultima evoluzione ci arriva (gratuitamente) dalle amministrazioni pubbliche, loro sì che se ne intendono. Vuoi vederci bene, vuoi farti vedere? Illumina il cielo.

Voilà i nuovi lungomari (prima ci fu il centro di Grottammare, quello che sembra una pista d’atterraggio): migliaia di faretti, specie sotto le palme, rivolti in su. Come Disneyland, come Miami, come Dubai.

Un effettone, un imbriacamento. Roba da inorgoglirci tutti. Potenti luci sparate in cielo, verso le nuvole, verso le galassie. Mai più cielo grigio su, o “cielo buio su”. Cielo appannato sempre.

Io stesso, fatta la prova col rosmarino dell’orto, ho scoperto che questa pianta pare un’altra, più grande, più scenografica, più misteriosa. Se i gatti non ci vanno più e gli insetti la snobbano perché non possono dormire, pazienza: ho un rosmarino che pare una palma. Un po’ meno cielo stellato, ma cosa me ne faccio. Altri due faretti da Brico per la magnolia e quell’altro alberello che non so il nome e non lo vedrò più, il cielo di notte. Anche i vicini si stanno attrezzando, aprono buche sotto i pini, sotto gli oleandri, sotto i pitosfori. Basta paure da cielo buio…

Però sento tanto freddo / fuori e dentro me… / e ancora non ci sono foglie gialle giù.

[Grazie ai Dik Dik. E alla Senna]