SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Questo non è un libro sulla mafia, ma è un libro che parla di come non si dovrebbero pianificare le classi dirigenti di un paese». Firmato Peter Gomez, il coraggioso giornalista che insieme all’ancor più coraggioso collega – poi vedremo perché – Lirio Abbate ha dato alle stampe da qualche mese l’inquietante volume “I complici. Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento” (Fazi editore).
I due giornalisti hanno presentato il volume alla Palazzina Azzurra, venerdì 3 agosto, nell’ambito della rassegna “Incontri con l’autore” organizzata dalla libreria “la Bibliofila” in collaborazione con il Comune. A introdurli l’assessore Margherita Sorge, il sostituto procuratore del tribunale di Ascoli Ettore Picardi e il giornalista del Messaggero Patrizio Patrizi.
COS’E’ LA MAFIA NEL 2007? La cattura del superlatitante Provenzano – 43 anni senza che la giustizia avesse di lui più che un vago identikit – ha dato la stura al refrain mediatico: “E ora caccia ai complici che ne hanno permesso la latitanza”. In parallelo alle azioni della magistratura è partita la coraggiosa inchiesta di Gomez e Abbate. Quest’ultimo, nella sua Palermo, vive da tre mesi sotto la scorta della Polizia. «Con auto che hanno quasi 300 mila chilometri nel motore e le gomme lisce, guidate da uomini coraggiosi che non si vedono pagare gli straordinari e che lottano solo per il loro senso del dovere», dice Abbate.
Su uno Stato che preferisce farsi bello in missioni “di pace” all’estero lasciando sguarniti i suoi soldati in patria ci sarebbe molto da dire, ma non è questa la sede.
Parlando di mafia – e di Stato – viene in mente un altro refrain mediatico. “Cosa nostra è sconfitta, oggi le organizzazioni criminali più potenti sono la ‘ndrangheta e la camorra”. C’è del vero in questo concetto. I mafiosi sparano di meno (relativamente), è finita la stagione delle stragi (speriamo), il regime carcerario duro annulla i contatti con l’esterno dei boss reclusi.
Eppure, dai dati di Gomez e Abbate, vediamo che il 70 % dei mafiosi arrestati ha un titolo di studio superiore o una laurea. Avvocati, notai, politici: «la mafia oggi ha abbandonato la lupara e la coppola e fa i soldi non con gli omicidi, ma controllando i rubinetti della spesa pubblica. Con il risultato che la società siciliana è più mafiosa di prima».
I MACIGNI I commentatori presenti hanno parlato di “inquietudine” nel leggere il libro di Gomez e Abbate. Verissimo, anche per chi non lo ha letto e ha ascoltato la presentazione e poi ha dato un’occhiata su internet. Perché uno dei prismi concettuali del libro, sui quali specchiarsi e rivedere riflessa la politica nazionale attuale, rimanda immagini di collusioni, inaccettabili contatti fra ministri della Giustizia (Mastella) ed ex boss mafiosi oggi pentiti (Francesco Campanella).

L’11 luglio del 2000 Mastella e Totò Cuffaro fecero da testimoni di nozze a Campanella, ex segretario nazionale dei giovani dell’Udeur nonché presidente del Consiglio comunale di Villabate, sciolto per infiltrazioni mafiose nel 1999.

Altre storie più o meno note raccontate da Gomez e Abbate sono quelle del diessino Wladimiro Crisafulli, l’uomo filmato mentre si baciava e parlava da pari a pari con il capomandamento di Enna Raffaele Bevilacqua, che siede alla Camera nella Commissione Bilancio e dal 4 aprile 2007 è membro della Commissione per la Vigilanza sulla Cassa Depositi e Prestiti; l’avvocato Nino Mormino, il legale che ha confessato di aver tenuto, con il trafficante di droga Tommaso Spadaio, “un comportamento non opportuno dal punto di vista deontologico”, ha perso la vicepresidenza della Commissione Giustizia, dove ha comunque conservato una poltrona, ma in compenso è diventato vicepresidente della Giunta delle Elezioni e del Comitato per i procedimenti di accusa.
Situazioni spesso più o meno chiarite con decise discolpe e che non sono state perseguibili penalmente, e che la magistratura ha già archiviato a onore dei politici appena nominati. Dove non arriva una sentenza della magistratura potrebbe e dovrebbe arrivare il buon senso e la morale politica; ma in Italia queste sembrano parole vuote. Anche se esistono politici puliti, e Gomez e Abbate lo dicono a chiare lettere a scanso di ogni accusa di qualunquismo. Ma dicono anche che loro in molti casi non hanno rivelato segreti, ma informazioni in mano all’opinione pubblica e sulle scrivanie di molta stampa nazionale che si occupa di politica e cronaca giudiziaria.
LA PAURA Emblematico l’aneddoto raccontato da Abbate. «Nessuna testata in Sicilia ha recensito il nostro libro, nemmeno l’edizione palermitana di Repubblica. Nonostante per alcuni mesi sia stato nella top ten della saggistica. Facciamo paura perché diciamo i nomi, invece delle solite elucubrazioni sulla “piovra” che si perdono nella generalizzazione senza riscontri precisi».

Un noto cronista siciliano telefona a Abbate per complimentarsi della qualità del libro. Abbate gli chiede cortesemente di recensirlo. La risposta è: «Ma che sei matto, non posso proprio».