Le città moderne si distinguono per la mancanza di piazze e torri. Le città antiche, viceversa, erano piene di piazze ed emergenze visive. Se le prime si caratterizzano con una monotonia piana e piatta, quasi fossero spalmate da mani architettoniche prive di fantasia, le città antiche avevano più fantasia e più senso architettonico ed urbanistico ed ambientale.
Basta pensare a tante città, che sicuramente abbiamo tutti visitato, in cui le piazze e le torri puntualizzano sistematicamente lo spazio della città e dove la città è riconoscibile in ogni sua parte a volte anche da molto lontano.
Pensiamo alle emergenze visive di Milano con la Torre Velasca o il grattacielo di Nervi, sede della Regione Lombardia. Pensiamo alle torri degli Asinelli a Bologna. Pensiamo alla Mole antoneliana a Torino o alla cupola di San Pietro o a Santa Maria del Fiore a Firenze con il campanile di Giotto al suo fianco. Ma senza andare lontano, pensiamo ad Ascoli Piceno, famosa nell’antichità per le sue 100 torri, ed ancora più vicino al faro di San Benedetto del Tronto, alla Torre dei Gualtieri sul Paese alto, ad alcuni palazzi residence di 6/7 piani che si scandiscono sul lungomare e dove è riconoscibile il luogo ed il quartiere.
Ma pensiamo a tutti i campanili, le cupole delle chiese ed alle torri con l’orologio dei palazzi comunali. Una presenza utile ed un punto di riferimento per le localizzazioni, proprio come lo sono i segnali stradali che tanto conosciamo.
Tutte emergenze visive che, da lontano, ci indicano una zona, un quartiere, un luogo.
Gli antichi sapevano utilizzare lo spazio. Alternavano piazze e torri, dove queste ultime davano spazio alle prime. Forse lo facevano con spontaneità e meno razionalismo di oggi. Ma preferisco uno spazio antico che si muove in altezza e mi da una piacevolezza nel suo skyline anzichè uno spazio moderno piatto e piano senza emergenze e senza personalità.
Ecco, la personalità.
Gli spazi moderni difettano di personalità. Di impronte emergenti. Si costruisce tutto in maniera piatta quasi avessimo paura delle altezze, quasi che avessimo paura di qualcosa che ci incombe sopra la testa e di cui non riusiamo a vedere cosa c’è sopra. Abbiamo costruito città orizzontali e monotone e stressanti e ci siamo finiti spazi che potevano essere destinati a piazze e verde. Ci siamo allargati fino all’inverosimile e i comuni, specialmente quelli di media e piccola grandezza, non hanno più spazi.
Ora che, con una proposta coraggiosa ma saggia, si propone una torre di 13 piani da adibire a servizi, attività ricreative e a 36 appartamenti di edilizia popolare nel quartiere Agraria, si levano gli scudi e si alzano bandiere per evitare tale scempio. Si parla di cementificazione, di avversione verso gli scatoloni di cemento, grigiore e depressione.
Attenzione ad usare questi paroloni e a dare questi segnali. Una tale emergenza in altezza in cemento o acciaio non è diversa da una torre che si sviluppa in orizzontale: anziché essere in piedi è solo appoggiata a terra.
Bene, allora, ha fatto la P.A. e prima ancora l’Arch. Luigina Zazio a proporre tale emergenza di 13 piani per un totale di più di 40 metri. Il quartiere Agraria è un grande quartiere adagiato in piano, anzi su una depressione del territorio. Palazzine a due o tre piani e palazzioni fino a 5 piani nella zona del quartiere Peep dell’Annunziata. Se non fossero edifici adagiati ma in piedi sarebbe un bel quartiere con ancora più tanto spazio: una piccola Mahnattan che si distinguerebbe per diversi chilometri. Ma lungi da tali esagerazioni, una torre in mezzo a quel piattume vivacizza il luogo e lo rende meno monotono.
Tale torre, funzionale anche per l’autosufficienza energetica ed ecocompatibile e finanziata per 2 milioni di euro dalla Regione marche e per altri 2 milioni dalla ex Iacp , ora Erap, è una occasione unica per risparmiare spazio, puntualizzarne il quartiere rendendolo riconoscibile da più parti della città ed oltre.
Le nuove tecnologie a disposizione, e non il cemento e la cementificazione, sono tantissime e di varia umanità che chiunque si potrebbe sbizzarrire a creare torri come indicatori di parti della città. Non occorre il grande nome o un concorso internazionale (non siamo ridicoli!!!) come ho sentito da più parti. Basta semplicemente un concorso provinciale dove i liberi professionisti locali possano imprimere le loro idee inespresse (eh si, perchè nessuno viene ritenuto profeta in patria!!!!) per fare della torre un oggetto gradevole, funzionale ed ad alta tecnologia ecocompatibile e a risparmio energetico.
Quindi sono d’accordo con la torre nella zona Agraria e ben venga e se ciò sarà fatto, forse ci accorgeremmo di tutti gli errori eseguiti nel passato utilizzando quasi tutto il territorio comunale per una edilizia bassa e di basso profilo architettonico e urbanistico evitando ancora una volta di utilizzare altro territorio, peraltro molto prezioso per un comune come San Benedetto del Tronto.
*Architetto