ROMA – Gustavo Selva si dimette da senatore della Repubblica a seguito dello scandalo che ha destato la sua “bravata”: sabato scorso, invitato da La7 per una diretta sull’arrivo di Bush a Roma, Selva si era attardato e quindi, nel traffico bloccato del centro cittadino, ha pensato bene di fingersi malato, per ottenere uno “strappo” che gli consentisse di saltare i posti di blocco di Roma da un’autoambulanza.

In epoca di “Casta” (impressionante il successo del libro di Stella e Rizzo che denunciano i “costi” della politica italiana), e di insoddisfazione costante nei confronti della classe politica, Selva, giornalista in passato anche direttore del Gr2, non ha potuto che dimettersi. Era stato lui stesso, d’altronde, dopo il viaggio in autoambulanza (con tanto di flebo…) a tradirsi, parlando con boria di quel «vecchio trucco da giornalista»: «E non ho detto che ero senatore» si è giustificato con un cronista che chiedeva dettagli.

Quello che fa rabbia, della storia dell’oramai ottantenne senatore di Alleanza Nazionale, è ripensare a quante volte, in passato, Selva sia stato invitato a parlare a milioni di italiani. A dispensare pareri sulla politica nazionale e internazionale. Quante e quante ore migliaia, e forse milioni di cittadini, hanno dedicato all’ascolto di una persona che poi non si fa scrupolo di adoperare un’autoambulanza, dedicata al servizio più estremo del pronto soccorso, come fosse un taxi. E come questa “birbata” possa diventare addirittura un vanto.

Per questo motivo chiediamo vivamente, a partire dagli eletti al senato della nostra circoscrizione, di accettare le dimissioni di Selva come un atto dovuto di rispetto nei confronti del popolo italiano (anche perché l’ottantenne senatore minaccia di ripresentarsi ai suoi elettori, «unici e definitivi giudici di etica democratica che io conosco»).

Di seguito pubblichiamo il comunicato dell’Ansa recante la lettera di dimissioni di Gustavo Selva.

«Per prendere la decisione che sto per annunciarle ho interrogato solo la mia coscienza di cittadino e di parlamentare italiano senza ascoltare nessuna persona politica e neppure la mia famiglia». Comincia così la lettera che il senatore Gustavo Selva ha inviato al presidente del Senato Franco Marini per annunciare le dimissioni da senatore della Repubblica. «Non voglio far ricadere sulla più alta rappresentanza parlamentare della nazione italiana, quale è il Senato della Repubblica, le mie eventuali colpe politiche e i miei possibili errori. Con la presente pertanto pongo nella sua disponibilità le mie dimissioni da senatore della Repubblica. Poiché le dimissioni, a norma di regolamento, dovranno essere discusse e poste al voto dell’assemblea a scrutinio segreto, nel frattempo mi asterrò a prendere parte a qualsiasi attività e voto del Senato della Repubblica».

Selva scrive poi nella lettera inviata a Marini che le dimissioni gli permetteranno di intervenire nel dibattito in aula per fare le sue considerazioni. «Lo devo anzitutto ai miei elettori della regione Veneto che mi hanno dato la dignità, la forza e il coraggio di rappresentare le loro idee nelle tre principiali istituzioni democratico-parlamentari formate dagli elettori italiani e cioé il Parlamento europeo, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica».

«Spetta ora ai senatori della Repubblica decidere se si trovano in concordanza con i miei elettori: se invece sarà no, ricercherò nuovamente, pur alla mia veneranda età, a Dio piacendo, e contrariamente a quanto mi ero fissato nel mio programma politico, la legittimazione e, soprattutto, l’idoneità etica e morale dei miei atti presso gli elettori italiani, unici e definitivi giudici di etica democratica che io riconosco».

Selva annuncia anche nella lettera una interrogazione con la quale chiede al presidente del Consiglio di riferire nell’aula del Senato su uno specifico aspetto della vicenda che lo ha coinvolto: «Dal momento in cui io sono stato accomodato da un infermiere sull’autoambulanza (che non fu da me chiesta, trovandosi sul posto a disposizioni di quanti come me, avevano presenziato nel cortile di Palazzo Chigi alla conferenza stampa congiunta dei presidenti Bush e Prodi) a quello in cui l’ambulanza si avviò all’ospedale San Giacomo trascorso 12 minuti ‘nobile esempio della rapidita’ e dell’efficienza del servizio».