SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il nascente Parco Marino del Piceno non potrà prescindere da una rinnovata tutela dei fiumi e dei corsi d’acqua minori che sfociano nella fascia di costa protetta.
A sottolineare con forza la questione è di nuovo l’assemblea territoriale di Cittadinanzattiva. In una nota del movimento si legge infatti che «la Provincia di Ascoli (capofila del progetto, ndr) ha il dovere di fornire chiaramente dati oggettivi sullo stato di salute dei fiumi e dei torrenti che riversano le loro acque nel tratto di mare che dovrebbe essere trasformato in parco marino; inoltre dovrà anche chiarire quali alternative fornirà alle attività di pesca oggi esistenti. Le acque dei fiumi e dei torrenti – continua la nota – vanno monitorate al fine di pesare le eventuali quantità di sostanze organiche provenienti dalle fogne delle città, dagli allevamenti, dalle industrie, dall’agricoltura dove generalmente si usano pesticidi».
Cittadinanzattiva ritiene che l’istituzione del Parco Marino rappresenti una nobile iniziativa «che però non può tralasciare importanti presupposti attuativi su cui la Provincia non ha fornito sufficienti chiarimenti ai cittadini contribuenti».
Un’importante causa dell’inquinamento delle acque dolci sono gli scarichi di materiale organico. La decomposizione di sostanze organiche consuma infatti l’ossigeno contenuto nell’acqua, a volte fino a far morire i pesci dei fiumi, e può provocare l’eutrofizzazione delle acque.
Per quanto riguarda i parchi marini, Cittadinanzattiva cita due riferimenti legislativi: le “Disposizioni per la difesa del mare” (979 del 31 dicembre 1982) e la “Legge quadro sulle aree protette” (394 del 6 dicembre 1991), le cui finalità sono sia di tutela degli ambienti e delle risorse del mare, sia di promozione e valorizzazione delle attività economiche locali, purché compatibili con la rilevanza naturalistica e paesaggistica dell’area.