SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Questo il testo integrale del discorso tenuto martedì 27 febbraio dal presidente del Consiglio Romano Prodi al Senato della Repubblica.

Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e onorevoli senatori,l’esecutivo da me presieduto è stato nei giorni scorsi messo in minoranza in una votazione che aveva per oggetto un capitolo fondamentale dell’azione di Governo e della vita del Paese: la politica estera e di sicurezza. Già prima del voto, nella maggioranza si erano manifestate tensioni, con una accentuata litigiosità tra le sue diverse componenti. Per questi motivi non ho, sin dall’inizio, nascosto la natura politica di questa crisi e ho immediatamente presentato le dimissioni al Capo dello Stato.

Al termine delle approfondite consultazioni e dopo aver ascoltato tutte le formazioni politiche presenti in Parlamento, il Presidente Napolitano ha respinto le dimissioni e ha rinviato il Governo alle Camere. Anche in virtù del chiarimento politico avvenuto nel frattempo tra le componenti della maggioranza. Sono qui oggi, dunque, per chiedere il rinnovo della fiducia, per restituire immediata e piena normalità all’attività parlamentare, per riprendere con determinazione e slancio ancora maggiori l’azione di Governo.

Signor Presidente, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, ho affermato che questa è stata una crisi politica. Ciò richiede che il Governo e la maggioranza che lo sostiene ne traggano fino in fondo gli insegnamenti conseguenti. Insegnamenti di metodo. Insegnamenti di merito.

La prima lezione che dobbiamo trarre è che questa crisi si colloca all’interno della lunga e incompiuta transizione del sistema istituzionale e politico del Paese avviata nei primi anni Novanta. Ebbene, uno dei nodi principali di questa transizione è rappresentato dalla attuale legge elettorale.

Per questo motivo rispondendo con convinzione all’invito del Presidente della Repubblica, ribadiamo l’impegno col quale ci siamo presentati alle elezioni e consideriamo come nostro dovere quello di operare per una pronta riforma del sistema elettorale. Su questo argomento tuttavia mi soffermerò a conclusione del mio intervento.

Ora vorrei parlarvi di quelli che d’ora in avanti dovranno essere il metodo e il merito dell’azione del Governo e della maggioranza. Le forze che sostengono il Governo hanno ispirazioni culturali differenti; ma tutte sono accomunate da un obiettivo di riforma e di profondo rinnovamento del Paese. Questo grande obiettivo non potrà essere perseguito se non si avrà come unico punto di riferimento l’interesse generale della comune azione di Governo.

All’interno dell’esecutivo e nella maggioranza sono e saranno garantiti gli spazi e le occasioni per un confronto aperto delle posizioni e delle proposte ma, una volta giunti a una sintesi e a un’intesa, essa sarà da tutti seguita e rispettata. Lo scorso 21 febbraio è sulla politica estera che si è determinata la crisi. E’ giusto, pertanto, che sia proprio da qui, dalla politica estera, che noi, Governo e maggioranza riprendiamo il nostro cammino, ricordando quanto abbiamo fatto fino ad ora e annunciando con chiarezza che cosa intendiamo fare nel futuro.

Il 12 dicembre 2003, in una situazione di forte polarizzazione dei rapporti tra Europa e Stati Uniti, il Consiglio Europeo adottò – per la prima volta nella sua storia – una strategia di sicurezza comune.

Il concetto chiave su cui si basava quella strategia era il “multilateralismo”: nessun Paese europeo, preso singolarmente, è in grado di affrontare e risolvere problemi di portata mondiale.

Nel definire la politica estera e di sicurezza del nostro Governo, fu quello il concetto essenziale al quale ci siamo rifatti. Abbiamo perciò collocato l’Italia al centro dell’Europa costruendo un rapporto stretto con Germania, Francia e Spagna senza per questo allentare le relazioni con il Regno Unito. E guardiamo all’Alleanza Atlantica e agli Stati Uniti come complemento naturale della scelta europea, in coerenza con la politica estera e di sicurezza che ha guidato tutta la nostra storia repubblicana.

Coerenti con questo quadro ribadiamo gli impegni che da questi rapporti ci derivano con gli Stati Uniti. Partendo da tali principi, abbiamo sviluppato la nostra azione nelle aree a noi più immediatamente vicine. Nei Balcani abbiamo perseguito un’azione volta a favorire la definitiva stabilizzazione della regione, avendo in mente la prospettiva di adesione di tutti questi paesi all’Unione. Parlando del Medio Oriente, non posso non ricordare, la decisione di portare a compimento la missione in Iraq con il rientro delle nostre truppe. Rientro avvenuto in modo concordato con le autorità irachene, senza creare vuoti di sicurezza.

In Medio Oriente abbiamo sviluppato una politica di attenzione verso tutti gli attori della regione, convinti che il miglior modo per aiutare la pace e la stabilità della regione non è quello di scegliere una parte a scapito dell’altra, ma, al contrario, quello di sforzarsi di capire le ragioni degli uni e degli altri. Questo è l’unico metodo in grado di far progredire il percorso della pace.

Non si tratta di retorica ma di un metodo coerente di lavoro: la decisione di assumere una posizione di guida nell’invio di una missione di peace-keepers in Libano sotto l’egida delle Nazioni Unite ne è un’applicazione concreta.

Considero questa decisione uno dei momenti più significativi dell’azione di politica estera del nostro Governo. Essa è stata sviluppata nell’ambito delle Nazioni Unite, d’intesa con i nostri partner europei, con il sostegno pieno di Washington, Mosca, Pechino e di molti stati musulmani. E con l’appoggio convinto delle parti: Libano e Israele, così come degli altri attori regionali. Abbiamo dimostrato che siamo capaci di assumerci responsabilità importanti e di svolgere un’azione di guida senza mai abbandonare l’approccio multilaterale. Ma abbiamo anche dimostrato che questo Governo è pronto a utilizzare le proprie truppe quando si tratta di porle con generosità al servizio della pace e della stabilità.

Guardando ora al futuro – e sempre rimanendo nella regione mediorientale – voglio confermare che continueremo ogni sforzo per avvicinare le posizioni di israeliani e palestinesi, e rendere finalmente possibile la prospettiva di due stati e due popoli che possano vivere in pace e sicurezza l’uno accanto all’altro. Siamo ugualmente impegnati per tenere aperto un canale di dialogo con l’Iran. Se è vero che le scelte di Teheran hanno creato una situazione di forte contrapposizione con la comunità internazionale, è anche vero che occorre fare tutto il possibile per evitare il precipitare della crisi verso una soluzione militare.

Non voglio sfuggire alla questione della nostra presenza in Afghanistan. Sono ben cosciente che si tratta di un tema su cui esistono sensibilità diverse. E sono convinto che la presenza militare non possa rappresentare, da sola, la soluzione ai problemi della regione. Il Governo ha sostenuto con convinzione – e continuerà a farlo – che solo un’azione politica che coinvolga tutta la comunità internazionale (ed in particolare i paesi confinanti) potrà garantire la stabilità dell’area. E’ questo il senso della conferenza per la pace in Afghanistan, conferenza che stiamo proponendo da tempo. Una proposta che, dopo la fatica iniziale, sta raccogliendo consensi crescenti a partire da quello espressomi personalmente dal Presidente Karzai. La nostra presenza in Afghanistan ha l’obiettivo di aiutare e sostenere il processo di consolidamento delle giovani istituzioni democratiche del Paese. I nostri soldati in Afghanistan – come in tutte le nostre missioni – sono portatori di una cultura di dialogo e di aiuto, non di confronto o scontro. A loro va un’ammirazione che so essere condivisa da tutte le forze politiche e da tutto il Parlamento.

Quando si parla di pace e stabilità, occorre parlare anche di solidarietà e di cooperazione. Penso in particolar modo al continente africano. Nei mesi scorsi abbiamo già fornito un concreto segnale di sostegno all’Africa raddoppiando i fondi del nostro aiuto pubblico allo sviluppo, portandoli a 600 milioni di euro per il 2007. Abbiamo anche voluto far fronte agli impegni assunti internazionalmente versando al Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, Tubercolosi e Malaria i 260 milioni di euro che rappresentano la nostra quota per gli anni 2005, 2006 e 2007.

E anche sul piano più propriamente politico abbiamo dato un segnale preciso con la mia partecipazione, unico capo di Governo dell’Unione Europea, al Vertice dell’Unione Africana di Addis Abeba. Il nostro obiettivo è stato e sarà duplice. Da un lato aiutare a costruire un partenariato euro-africano basato sullo sviluppo, sulla giustizia e sui diritti; dall’altro aiutare la risoluzione di crisi come quella del Darfur e del Corno d’Africa.

Con i nostri partner mondiali ci stiamo impegnando per favorire il ritorno a un vero sistema multilaterale per poter affrontare insieme le grandi sfide dell’umanità: i cambiamenti climatici, la lotta alle pandemie, la gestione dei flussi migratori. Abbiamo ingaggiato in questi mesi una significativa battaglia contro la pena di morte. Con la nostra proposta di moratoria all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite siamo diventati capofila di una grande battaglia di civiltà.

Battaglia di lungo periodo che ha bisogno di tutte le energie disponibili: politiche, culturali e religiose. Il nostro impegno in campo internazionale non sarebbe completo se non menzionassimo l’impegno per sostenere e valorizzare il patrimonio rappresentato dalle comunità italiane nel mondo. Un patrimonio che pochi altri paesi possono vantare, ma che noi tutti, nei decenni scorsi, abbiamo largamente trascurato. La presenza, per la prima volta in questo Parlamento, di senatori e deputati eletti all’estero è il segno felice di un’inversione di tendenza che dobbiamo onorare e che noi onoreremo.

Questi sono alcuni dei punti cardine della nostra politica estera e di sicurezza che fa perno intorno all’Art. 11 della Costituzione. Che si basa sulla profonda convinzione che il quadro multilaterale è il solo che permette di far progredire i processi di riconciliazione nei paesi in conflitto, di difendere i diritti umani, di abbattere il muro della povertà. Io penso che una politica matura della pace vada giudicata nel suo disegno complessivo e non sulle singole scelte. Non chiedo sconti, chiedo solo che si ragioni sulle soluzioni concrete realistiche e possibili. Questa è la via della pace, questa è la fatica della pace.

E ora, è giunto per me il tempo di illustrare gli altri temi e gli altri campi dell’azione di Governo: l’economia, l’ambiente, il Mezzogiorno, l’energia e la ricerca.

Con una premessa e una precisazione:

Signor Presidente del Senato, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, le parole che oggi vi rivolgo debbono essere lette in continuità con quelle qui da me pronunciate nelle considerazioni programmatiche dello scorso mese di maggio. Il programma di Governo è e rimane il punto di riferimento della nostra azione. Ma, proprio perché esso è già un punto di riferimento condiviso, oggi, non ne ripercorrerò, uno per uno, i capitoli. Vi chiedo, pertanto, e lo chiedo prima che a ogni altro ai parlamentari della maggioranza e agli stessi membri del Governo, di non giudicare il mio discorso per quello che esso non contiene. Oggi mi concentrerò solo su alcune sfide che il corso degli avvenimenti e le novità politiche degli ultimi giorni ci stanno ponendo davanti con maggiore urgenza e intensità.

Tra l’ottobre e il dicembre dello scorso anno – e qui vengo all’economia – il Paese ha accelerato il proprio ritmo di crescita, tanto da portare il tasso di sviluppo sul totale dei dodici mesi al 2 per cento.

Più di quanto ci si aspettasse. Più di quanto l’Italia aveva fatto in tutti i quattro anni precedenti messi insieme. Abbiamo così ridotto la distanza che ci separa dalle principali economie europee. E per quest’anno speriamo e ragionevolmente pensiamo di fare ancora meglio. So troppo bene che la nostra ritrovata capacità di crescere dipende anche dal positivo andamento dell’economia mondiale ed europea. E sono anche consapevole che non tutto il merito dei buoni risultati può essere attribuito al nostro Governo.

Tuttavia, posso con tranquilla coscienza affermare che l’azione del Governo ha positivamente stimolato la crescita economica, mettendo contestualmente sotto controllo i conti pubblici e mantenendo così gli impegni presi con l’Unione Europea. Abbiamo avviato un riordino del sistema delle autorità indipendenti, creando, tra l’altro, una speciale Commissione bicamerale per le liberalizzazioni e l’apertura dei mercati. Abbiamo aperto alla concorrenza e liberato da regole e vincoli ormai superati molti settori. Ogni azione in questo campo è stata orientata a favorire il cittadino consumatore che già ne ha tratto concreti benefici.

Proseguiremo su questa strada. In questo ambito stiamo già procedendo alla individuazione di politiche particolari per il settore dell’acqua, in modo da garantirne la funzione di servizio pubblico. All’Unione Europea, che per bocca del commissario agli affari economici Almunia ha riconosciuto che l’Italia “sta andando nella giusta direzione”, assicuriamo che continueremo a fare la nostra parte con serietà e impegno. Il Governo, ma direi tutta la classe politica del Paese, ha oggi una grande responsabilità, quella di non vanificare gli importanti risultati fin qui conseguiti. Dobbiamo consolidare la crescita economica e dobbiamo completare il processo di risanamento della finanza pubblica. Abbiamo infatti ancora un debito pubblico ben superiore alla ricchezza che il Paese è in grado di produrre in un anno. Per ottenere tali obiettivi abbiamo bisogno di coinvolgere tutte le fasce di popolazione, aumentando la loro partecipazione alla vita attiva e la loro produttività.

Per raggiungere i nostri obiettivi abbiamo tuttavia bisogno del contributo di tutti, secondo le specificità di ciascun territorio. Ciò mi porta a toccare il tema del Mezzogiorno. Lo sviluppo del Mezzogiorno mantiene un’importanza centrale nel programma del Governo. Oltre alle misure previste nella legge Finanziaria, e penso in particolare alle risorse certe per le infrastrutture stradali e portuali, abbiamo adottato il Quadro strategico nazionale per il 2007-2013 per l’allocazione dei Fondi comunitari e del Fondo per le Aree sottoutilizzate. Si tratta, complessivamente, di 123 miliardi di euro. E’ un volume di risorse straordinario.

Il Governo è comunque consapevole che una politica per il Mezzogiorno deve puntare in primo luogo e con forza sulla creazione di condizioni di sicurezza per le persone, per gli investimenti e per le imprese. Senza sicurezza non vi sarà sviluppo, così come in passato non vi è stato sviluppo nelle aree in cui l’illegalità ha agito da padrona.

I profondi cambiamenti climatici in atto ci impongono l’assunzione di chiari impegni a difesa dell’ambiente, in particolare delle energie rinnovabili e di lotta all’inquinamento. Il pacchetto energia recentemente approvato dal Governo va in questa direzione con molta determinazione. In particolare, esso punta alla riqualificazione degli edifici per ridurre le dispersioni termiche, all’aumento dell’efficienza dei consumi industriali, alla mobilità sostenibile.

Ma non ci possiamo accontentare. Dobbiamo fare di più e assumere la questione ambientale come una questione centrale dell’Italia e una grande opportunità per la qualità della vita, per la competitività, per l’innovazione. Penso a un grande sforzo di ricerca per le energie rinnovabili di ultima generazione: una nuova energia pulita, abbondante e nelle mani dei cittadini. Dentro a un più forte impegno nella ricerca e nell’innovazione intendiamo lanciare un progetto sulla energia solare di ultima generazione. In questo campo, come nel campo della medicina dove in alcuni settori, come nella medicina rigenerativa, abbiamo la concreta possibilità di recuperare il tempo perduto.

Una politica che limiti il ricorso a energie altamente inquinanti esige però nel breve e nel medio termine di poter far uso di fonti più pulite e già oggi largamente disponibili, come il gas. Coinvolgendo e responsabilizzando le autorità locali, procederemo per dotare l’Italia di strutture adeguate allo scopo, dalle reti europee ai terminali.

Tra gli impegni internazionali che l’Italia intende rispettare vi è anche il completamento, nei tempi prestabiliti, delle tratte di competenza italiana della rete transeuropea di trasporto. L’Italia farà la sua parte perché le tratte transfrontaliere da Torino a Lione, da Verona a Monaco di Baviera e da Trieste a Divaccia vengano cantierate e concluse nei tempi più rapidi possibili. Nello stesso tempo dovranno essere completate anche le tratte interne, oltre che avviate le “autostrade del mare”. E’ un impegno assunto in sede europea, e che porteremo avanti con il metodo che noi abbiamo scelto, di un dialogo continuo e aperto con le comunità interessate.

I giovani, le donne, gli anziani e le famiglie sono i soggetti e le componenti della nostra società verso cui concentrare uno sforzo straordinario. In particolare l’Italia registra ancora un grave ritardo per quanto riguarda il ruolo delle donne. Il Governo ha già cominciato a lavorare per porre rimedi a questa situazione ma molto dovrà essere fatto in futuro. Affronteremo inoltre con numerosi strumenti il tema delle pensioni più basse e delle carriere professionali dei nostri giovani, in particolare di coloro che vivono il dramma della precarietà. L’Italia deve sentire il dovere morale di concedere ai propri figli l’opportunità di costruirsi il futuro in dignità e serenità, di impedire che un’intera generazione di giovani affronti la vita senza certezza. A questo ci dedicheremo nell’ambito del riordino del sistema previdenziale e delle politiche del lavoro.

Ci sentiamo fortemente impegnati per garantire la tenuta finanziaria del sistema ma, allo scopo di assicurare una maggiore efficienza e ottenere gli indispensabili risparmi, non indietreggeremo di fronte a scelte e a interventi di riorganizzazioni anche non facili come l’unificazione degli enti previdenziali e assistenziali.

Come dicevo in precedenza, la crescita va incentivata ulteriormente, ma anche governata con la costante ricerca di maggiore equità e coesione sociale. Al centro della quale continuiamo a ritenere debba stare la famiglia. Il rilancio economico, sostenuto da un solido risanamento dei conti pubblici e da una seria, determinata e costante lotta all’evasione fiscale è l’unica condizione per potere ridurre progressivamente il carico fiscale che grava sulle famiglie italiane.

Proseguendo sulla strada intrapresa negli scorsi mesi, le politiche del Governo si concentreranno con ancora maggiore attenzione sul sostegno alle famiglie e sulla creazione di condizioni e servizi migliori a favore della natalità. L’area delle famiglie interessate all’aumento delle erogazioni monetarie alle famiglie sarà allargata, con l’obiettivo di una loro estensione universale.

Inoltre, aumenteremo in modo significativo il numero degli asili nido. La casa ha assunto ancor più che nel passato un peso centrale nel determinare le condizioni di vita reali delle famiglie e richiede un ampio sforzo per affrontare sia le emergenze abitative in senso stretto che le difficoltà nel mercato degli affitti. Rilanceremo perciò l’offerta di edilizia residenziale pubblica, assieme a misure per allargare il mercato privato degli affitti, in particolare con una revisione degli incentivi fiscali. Il Governo inoltre proporrà una modifica del calcolo dell’ICI sulla prima casa, modifica che consentirà significative riduzioni in funzione del numero di componenti del nucleo familiare.

A tutti questi temi, come a quelli che toccano, più in generale, la questione della crescita o della riforma e del rilancio della Pubblica Amministrazione, ci dedicheremo utilizzando gli strumenti della concertazione. Non per un fatto formale o di semplice ricerca del consenso. “Concertare” significa in primo luogo saper ascoltare e saper comprendere le ragioni di coloro che operano e lavorano nella società. Nelle prossime settimane daremo perciò il via a questo percorso, che sarà dedicato ai temi della competitività e della produttività e della crescita compatibile del nostro sistema economico.

Nella sua storia, e particolarmente in quella più recente, l’Italia ha dato le prove migliori e più alte quando ha saputo mettere in atto un’azione comune e concordata. E’ stato così negli anni della ricostruzione. E’ stato così negli anni della lotta al terrorismo. E’ stato così nello sforzo per entrare nell’Europa dell’Euro. Oggi, pur nel legittimo confronto tra le forze politiche, l’Italia ha bisogno di ritrovare quel medesimo spirito di coesione.

Le forze dell’ordine sono state, nei mesi scorsi, impegnate con dedizione e con risultati straordinari nel contrasto e nella prevenzione del terrorismo. Mentre, interpretando il pensiero di tutti voi, esprimo la solidarietà a coloro che sono stati oggetto di minacce, rinnovo la riconoscenza a tutte le donne e gli uomini che lavorano per proteggerci. Solo mostrandoci uniti, potremo sconfiggere in modo definitivo il terrorismo. Ugualmente, solo unendo i nostri sforzi e operando insieme potremo consolidare la ripresa in atto e rendere la nostra società più prospera, più equa e, forse, più serena.

Voglio riprendere ora il tema della riforma elettorale. E’ un compito che certamente trascende l’orizzonte, forzatamente di parte, della maggioranza e del Governo, e che coinvolge la scrittura di regole fondamentali su cui l’intero sistema politico deve potersi riconoscere. Il riassetto complessivo dell’ordinamento deve coinvolgere tutte le parti politiche, e avere nel Parlamento la sua prima e principale sede. E’ importante che questo avvenga in una prospettiva di aggiornamento complessivo del nostro sistema costituzionale e di definitiva conclusione della troppo lunga transizione italiana.

Un impegno, questo, che il Presidente Napolitano ha indicato a tutto il Parlamento.

E’ vitale avere un sistema istituzionale capace di garantire un’effettiva stabilità all’azione di Governo, di assicurare un ruolo forte e incisivo all’opposizione e di rispettare il diritto degli elettori di poter chiedere conto dei risultati conseguiti e delle politiche attuate. Occorre portare finalmente a equilibrio virtuoso il rapporto tra lo Stato, le Regioni e le altre articolazioni territoriali che esprimono la ricchezza di un Paese pieno di potenzialità e di capacità. Questo, eventualmente, anche attraverso una modifica della composizione stessa del Parlamento. Abbiamo bisogno di una Repubblica governante e governabile che assegni allo Stato e al Governo centrale il compito di garantire l’interesse generale, ma capace di coinvolgere i livelli territoriali nella assunzione delle decisioni che li riguardano, e delle quali esse devono rispondere ai loro cittadini.

Abbiamo bisogno di mettere finalmente a punto un sistema di federalismo fiscale che, in un quadro di equità e coesione nazionale e di valorizzazione dei territori, assegni ai livelli regionali e locali la necessaria autonomia finanziaria e le conseguenti responsabilità nella gestione delle risorse. Ed è in questo quadro che il Governo si impegna a dare rapida attuazione alla parte del programma che riguarda le minoranze linguistiche e le autonomie speciali.

Il Parlamento ha davanti un lungo lavoro: consolidare e razionalizzare la forma di Governo; rendere più equilibrata la forma di Stato; dare al nostro ordinamento repubblicano un assetto coerente con i grandi valori della Costituzione, ma anche con le sfide del nostro tempo. Spetta al Parlamento stabilire con quali modalità, anche organizzative, svolgere questo lavoro. Deciderà il Parlamento se, a questo fine, potrà essere utile individuare al suo interno un “luogo” in grado di elaborare, come è necessario, un disegno complessivo e coerente.

La legge elettorale ha assoluta priorità. Il Governo, da parte sua, farà ogni sforzo per accompagnare il Parlamento in una riflessione che dovrà svolgersi in tempi rapidi. Non tocca a me oggi dare indicazioni di merito. Il Ministro Chiti ha iniziato a lavorare su questo. Continueremo a farlo, sempre consapevoli del rispetto dovuto al Parlamento e della necessità di cercare e trovare su questi temi il più ampio consenso. Non abbiamo pregiudiziali se non una: la nuova legge elettorale dovrà essere il frutto di una convergenza ampia. Le leggi elettorali, come le modifiche alla Costituzione, non dovranno mai più essere decise dalla sola maggioranza.

Credo che alcuni principi possano essere da tutti condivisi. Una legge che garantisca ai cittadini di poter scegliere non solo un partito, ma anche un programma, una coalizione, una proposta di Governo, un primo ministro. Il dibattito italiano su questi nodi dura ormai da alcuni decenni. Esso è riuscito persino a trapassare dalla prima alla seconda fase della nostra esperienza repubblicana, senza mai giungere a una conclusione adeguata alle esigenze del Paese.

L’ambizione che possiamo coltivare è che questa legislatura porti finalmente a termine questa lunga infinita transizione. Al Parlamento e al Governo che saranno capaci di raggiungere questo risultato, il Paese assicurerà riconoscenza e gratitudine. Il mio auspicio è che quel Parlamento sia questo Parlamento. Ed è su tali propositi e su questo programma, onorevoli senatrici e onorevoli senatori, che chiedo a nome del Governo la vostra fiducia.