SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si può offendere un morto? Anche questo succede in Italia. A Roma, nel minuto di silenzio in onore a Ermanno Licursi, dirigente della Sammartinese (Terza Categoria calabra), ucciso nel corso di una rissa alla fine della gara, e Filippo Raciti, poliziotto assassinato nel corso di Catania-Palermo, la curva di casa ha fischiato in segno di disapprovazione.

Al momento sono in corso delle indagini per riconoscere, attraverso i filmati, coloro che in curva si sono macchiati di questo oltraggio, per applicare loro il Daspo preventivo. A Torino invece, gli ultrà granata hanno lanciato cori durante il minuto di silenzio.

In entrambi i casi, però, i tifosi degli altri settori hanno sonoramente disapprovato il comportamento dei “duri e puri” delle due curve. Il calcio italiano, però, appare diviso a metà: se c’è gente, come quattro tifosi interisti arrestati a Verona, che vanno allo stadio con un armamentario di tre grossi petardi, biglie d’acciaio, otto torce illuminanti, un tubo da 50 centimetri con scritte inneggianti alla violenza e croci celtiche, sette grammi di hascisc e alcune fiale di anabolizzanti, se curve intere come quelle di Roma e Torino fischiano ancora la Polizia, se continuano ad apparire scritte ioffensive in varie parti d’Italia (Genova, Napoli), significa che troppe persone sono “malate” e che sono guidate da persone che, avendo paura di perdere il proprio ruolo di comando all’interno delle curve, non hanno alcuna intenzione di cambiare, perché farlo significherebbe per troppi “capi” e per tantissimi “comandati” di non avere più alcun ruolo.

C’è stato comunque, ovunque, un calo degli spettatori. Soltanto una politica seria e ferma riuscirà a restituire al calcio tutta la credibilità persa. Sarebbe il caso, nel prossimo futuro, di organizzare una festa nazionale del calcio, invitando in tutti gli stadi italiani tantissimi bambini delle scuole. Alla faccia dei machi incappucciati.