SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sappiamo che a coloro abituati a chiamarsi “cannibali”, “destroyers”, “avanguardia”, “commando”, “brigata”, e via con tutto l’armamentario macho-curvaiolo, potrebbe dare fastidio. Non servirà a nulla, forse, ma siamo convinti che garantirà un impatto altamente provocatorio per quei personaggi che, dopo tanti morti e disastri, ancora oggi vanno allo stadio – magari ultraquarantenni – non per divertirsi ma approffittare della zona franca garantita dalla moltitudine.

Se invece dei soliti striscioni inneggianti al machismo, in tutte le curve d’Italia, campeggiasse un grande striscione «NO ALLA VIOLENZA NEL CALCIO»? Magari obbligatorio; magari senza possibilità di rimozione; a carico delle società.

Si tratterebbe soltanto di un gesto simbolico, è vero. Ma, se conosciamo bene la mentalità dei sedicenti tifosi della curva (o di menti alterate: si veda la vergogna delle scritte a Livorno), sarebbe un colpo al cuore per tutto quello che di artefatto si è costruito in tre decenni.