SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una rettifica, da noi richiesta, e puntualmente arrivata da parte di Repubblica.it, grazie all’intervento del caporedattore Massimo Razzi. Riguardo la nota vicenda che ha visti coinvolti un ragazzo di 15 anni e una ragazza di 14, all’Itc “A. Capriotti”, infatti, il principale quotidiano italiano on-line nella serata di sabato aveva erroneamente scritto che «le immagini sono andate distrutte dopo che erano state pubblicate da un sito locale».
Il nostro giornale era stato sì il primo a diffondere la notizia, ma le immagini del “sesso in cattedra” erano invece accessibili tramite un noto motore di ricerca internazionale. Di qui la nostra richiesta di rettificare l’informazione data, anche considerando la delicatezza del tema, che coinvolge dei minori. Puntualmente è arrivata la precisazione del giornale diretto da Vittorio Zucconi: cosa che fa onore alla redazione e ai giornalisti di Repubblica.it.
Di seguito riportiamo il testo integrale del’articolo pubblicato questa mattina dopo la rettifica:
SAN BENEDETTO DEL TRONTO (Ascoli Piceno) – L’hanno fatto sulla cattedra, tra la prima e la seconda ora di lezione. Lei quindici anni, lui quattordici, consapevoli di essere ripresi dai compagni con i videofonini. Immagini che poi sono rimbalzate su internet. La scuola sapeva ma non ha informato né la polizia né la magistratura. Dello scandalo all’istituto tecnico commerciale Capriotti a San Benedetto del Tronto, parla il procuratore generale Gaetano Dragotto all’inaugurazione dell’anno giudiziario ad Ancona: “Gli insegnanti e i presidi devono denunciare alle forze di polizia. Se non lo fanno, spetta al ministro dell’Istruzione richiamare docenti e dirigenti scolastici ai doveri di denuncia”. E’ d’accordo anche il procuratore dei minori Ugo Pastore, titolare dell’indagine: “Auspico iniziative del ministero competente, magari inviando ispezioni ministeriali negli istituti”.
Ieri la Polizia ha ascoltato la ragazzina coinvolta nell’episodio: “Me l’hanno chiesto… e io l’ho fatto”. Senza mostrare particolari turbamenti o pentimenti, ha amesso tutto la quattordicenne interrogata alla presenza della madre. Oltre a lei sono stati interrogati otto ragazzi iscritti alla prima classe e altri saranno ascoltati nei prossimi giorni insieme agli insegnanti della scuola.
Il video è stato diffuso su internet in uno dei siti internazionali che raccolgono materiale del genere. Sui siti locali sono comparse interviste (ovviamente anonime, data l’età degli intervistati e l’argomento) che raccontano quanto è accaduto: “È stata tutta la classe a incitarli” scrive un ragazzo. E una studentessa poi spiega: “Tempo fa, il protagonista di quel video mi aveva chiesto di fare la stessa cosa, ma io ho rifiutato”.
La questione è stata sollevata, dopo attente verifiche, dal sito Sambenedettooggi.it, molto attento alle questioni locali: “Sia chiaro – fa sapere il direttore del giornale online Nazzareno Perotti – Non ci siamo mai sognati di pubblicare le immagini, ma abbiamo lavorato molto e con scrupolo sulla questione. Abbiamo dato la notizia, come nostro dovere di giornalisti, solo dopo aver verificato che era tutto vero. Le nostre interviste agli studenti della scuola sono anonime per l’evidente ragione che le fondamentali regole deontologiche del giornalismo vietano di riportare nomi e immagini di minori coinvolti in fatti negativi. Ma, comunque, sono tutte rigorosamente vere”.
Contro le violenze videoregistrate, l’Osservatorio sui diritti dei minori lancia la proposta di vietare i videofonini in classe: “I costanti reati perpetrati a scuola, ripresi con i videofonini e successivamente divulgati online o sui cellulari dei coetanei, abbisognano di una risposta inderogabile. Bisogna vietare i videofonini in classe. E per far questo, servono rilevatori di telefonini agli ingressi delle scuole: i cellulari nascosti saranno confiscati e venduti all’asta”.
Antonino Napoli, legale dell’Osservatorio, propone che la legge sia imposta sia agli studenti che ai professori e ai bidelli: “Il divieto dovrà estendersi a tutto il personale scolastico, docente e non docente. La fenomenologia ha assunto toni drammaticamente emergenziali, pertanto la risposta deve essere parimenti celere e risolutiva. E non dite che il cellulare in classe è utile per ricevere possibili chiamate d’emergenza dai genitori; nelle scuole ci sono telefoni fissi sufficienti. Se proprio sarà necessario, si tornerà ad usare quei telefoni come un tempo, quando i cellulari neppure esistevano”.
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