Una realtà, un alibi, un sentimento

Sono 59 anni e 76 giorni che mi trovo in Argentina. È impossibile descrivere la gioia che provai il giorno del mio arrivo: per la prima volta vedevo e quindi conoscevo mio padre. Lui era partito per la seconda volta per l’Argentina quando io avevo appena 45 giorni; la crisi economica internazionale di quegli anni e la guerra ci separarono per quasi 16 anni. Ricordo i sacrifici di mia madre, rimasta sola in Italia con tre piccoli figli, e posso immaginare le sofferenze di mio padre solo in Argentina, tutti nella impossibilità di comunicare.

Dal momento del mio arrivo a Mar del Plata ho lavorato senza riposo fino a quattro giorni fa, impegnandomi in ciò che sapevo fare e solo 23 anni dopo mi sono concesso la prima vacanza di 28 giorni ritornando a San Benedetto. Quella volta nessuno sapeva del mio arrivo; ho girato per il paese da solo, ricordando la mia infanzia attraverso i luoghi che avevo lasciato. Poi sono andato dai parenti. Dopo il 1970 sono ritornato più volte, e nel 1975 ho portato qui tutta la famiglia in vacanza. Mia moglie, pur essendo figlia di due sambenedettesi emigrati in Argentina non aveva la cittadinanza italiana ma era vissuta 10 anni a San Benedetto, a seguito della morte della madre; qui vi erano tutti i parenti della madre e del babbo. Successivamente i ritorni sono stati più frequenti, sempre con mia moglie, una volta con mio figlio in viaggio di lavoro, restando solo una giornata mentre nel 1990 siamo stati per i campionati mondiali di calcio, anche con un nipotino di 6 anni. Nel 1995 ebbi l’onore di ricevere il premio Truentum, accompagnato da mia figlia Evelina e la sua famiglia. Successivamente sono tornato anche con mio fratello Antonio che rivedeva per la prima volta la sua città natale, e con il sindaco di Mar del Plata per il gemellaggio tra le nostre due città, accompagnato da due artisti cantori “Los Pichi-Huinca”. Sono tornato infine per pochi giorni a San Benedetto nel 2003 in occasione dei festeggiamenti per i 1.700 anni del Martirio del nostro Santo; sono venuto con l’attuale sindaco di Mar del Plata, due consiglieri comunali ed un nipote. Oggi siamo qui, io e mia moglie, accompagnati dal Vicario Generale della Diocesi di Mar del Plata, Don Armando Ledezma.

In ogni viaggio, prima di lasciare Mar del Plata, pensavo a tutto ciò che avrei voluto fare al momento di ripartire da San Benedetto, però restavano alcune promesse incompiute per mancanza di tempo. E l’alibi-promessa era “Sarà la prossima volta”. Quando ero chierichetto nella chiesa della Madonna della Marina a San Benedetto, assistevo agli sposalizi e pensavo: “Come sarà il mio?”.

Il nostro sposalizio fu celebrato a Buenos Aires dove viveva la futura mia moglie Leonilde con suo padre. Il mio lavoro non mi permetteva di dedicare molto tempo a noi due. I 400 chilometri di distanza che ci separavano erano tanti e nel 1956 lo erano molto di più: ora vi sono autostrade, aerei e macchine veloci. Ho lavorato fino al giorno 24 a Mar del Plata ed alla sera partii per Buenos Aires. Il giorno 25 di sera ci siamo sposati. La chiesa era bellissima, eravamo poca gente. Finita la cerimonia vidi che la chiesa si era riempita e pensai “Saranno i nostri?”. Ma riconobbi poche persone, infatti dopo di noi si celebrava un altro sposalizio.

Il mio pensiero era lontano. San Benedetto l’avevo e l’abbiamo sempre presente, ma non è facile esprimere con le parole ciò che si prova, è come un sentimento, una realtà, un alibi, perciò ci troviamo con voi ringraziando il Signore Dio Nostro. Forse il destino non permetterà un altro viaggio o forse sì. Oggi vogliamo sentire il vero abbraccio di tutti voi, non come quello della prima partenza.

Grazie tanto a voi tutti per averci permesso di godere di questa grande gioia.