Non è liberty, quindi la si distrugga.

La presenza – parziale e sconclusionata, è vero – di tutti gli altri stili architettonici primo ‘900 (modernista cubista nazionalista tradizionalista costruttivista monumentalista funzionalista ) ai torvi politici e ai raffinati palazzinari di Cupra non basta. Villa Bugiardini sparisca. Non serve.

Utilizziamola ancora un po’ come deposito di cantiere e discarica calcinacci, poi, quando i palazzi-cannibali che già la accerchiano e la oscurano saranno ri-finiti, facciamola del tutto sparire in una notte.

La stessa sorte delle pinete che ne ossigenavano i dintorni. O della macchia mediterranea che ha fatto posto all’autostrada ciclopedonale. Come la fine che farebbero le scuole del centro quando il fantasticato “polo scolastico” menocchioso ne liberasse le appetitissime aree fabbricabili (non servirà neanche uno straccio d’accordo-di-programma ).

C’è ancora qualcuno che pensa che Cupra sia bella?

Non si poteva mitigare il forsennato oscurantismo edilizio, non muragliare di cemento il paese alto, non scavare impercorribili sottopassi a “T”, non abbattere dignitosi ex consorzi agrari per metterci alveari umani e benzine, non fortificare campi da tennis, non innalzare palazzoni con feritoie e facciate dai ritmi sbagliati e pretenziose balconate-abitabili, costosi come suite a Montecarlo, non piazzare le due caserme-vacanza quasi sulla spiaggia del lungomare nord?

Noi, che venendoci poco credevamo che Cupra (il nome l’aiutava) fosse una pallida eccezione nella tormentosa e inquinata riviera, non possiamo capacitarci.

Ma quando sparirà anche Villa Bugiardini (neanche il nome l’aiuta) e, dopo questa, qualche altro gioiello di famiglia, ancor più Cupra si presenterà devastata e sola, come la peggiore periferia di una qualsiasi tristanzuola città d’Elbonia.

Amara disillusione.

Chiamatela non più Cupra ma Cupa.