MONTEPRANDONE – Zona industriale di Centobuchi: in appendice all’inchiesta che sta conducendo il nostro settimanale Riviera Oggi, pubblichiamo un’intervista a Nazzareno Torquati dell’Adriafood, impresa che dal 2001 opera nel settore ittico con attività di trasformazione e commercializzazione del pescato fresco e congelato.

Qual è la sua opinione sulla zona industriale?

«Questa zona, nonostante accolga 200-300 imprese e circa tremila lavoratori è un luogo sconosciuto al 90% dei cittadini, perché fuori dai flussi turistici e commerciali. Eppure questo è il cuore pulsante dell’economia dell’area picena».

Per quanto riguarda i servizi alle imprese, qual è il suo giudizio?

«Ci sono soprattutto problemi viari: ad esempio troppi passaggi a livello verso la Statale 16. Manca una rampa di accesso alla Superstrada. L’illuminazione è assente. La pulizia delle strade è latente. Devo comunque dire che, da parte del Comune di Monteprandone, c’è maggiore attenzione e anche pulizia da quando Pierluigi Grilli ha avuto dal sindaco la delega all’Industria. Ad esempio cominciano ad essere eseguiti degli allacci fognari a norma».

Piceno Consind è un ente di coordinamento industriale. Perchè, allora, viene gestito solo dai politici?

«La nostra non è una democrazia ma una dittatura dei mediocri. Riguardo il Consind, ha avuto un ruolo nel periodo dell’industrializzazione della Provincia, anche se ha sempre penalizzato la costa a vantaggio di Ascoli. Penso che ormai abbia assolto il proprio compito e sarebbe meglio scioglierlo e passare le residue competenze ai Comuni».

La gestione di un’area quale la zona industriale non dovrebbe ricadere, più che sulla sola Monteprandone, su tutti i comuni della zona?

«C’è un problema: i nostri politici ignorano le statistiche e la realtà. Occorrerebbe che si creasse un’area comune, dove Monteprandone, ad esempio, avesse la possibilità di gestire lo sviluppo economico-industriale con il coordinamento di San Benedetto».

Cosa intende?

«La nostra area, con San Benedetto capofila, non ha ancora predisposto un Piano Strategico di sviluppo ormai indispensabile per qualsiasi richiesta di finanziamento mentre città più dinamiche sono pronte ad intercettare i Fondi Strutturali 2007-11: noi siamo ancora a zero. Siamo ancora alla fase di acquisizione di informazioni: e addirittura sento parlare di redigere un nuovo Piano Regolatore per il porto. Questo conduce ad altra perdita di tempo: potremmo utilizzare più agevolmente lo strumento delle variazioni di Piano. Anche perché è assurdo parlare di un Piano Regolatore per un’area ampia complessivamente nemmeno tre ettari. Nel nostro caso ci vuole solo buon senso e idee efficaci. Eppoi basta ad insistere con il terzo braccio. Nel 1994 spendemmo oltre 400 milioni per uno studio realizzato dalla Extramed dove in maniera incontestabile venne fuori che se – si fosse realizzato un terzo braccio – le turbolenze delle correnti marine si sarebbero mangiate mezza Grottammare causando la quasi totale erosione delle coste da Tortoreto a Torre Cerrano. Non vorrei che sia ancora il residuo di una vecchia politica sempre pronta a rimandare le soluzioni».

Gaspari, però, punta molto sull’Unione dei Comuni.

«Per ora è tutto vago e invece non si può più aspettare. L’Unione dei nostri Comuni necessita di una modifica del modo di pensare ed agire in senso metropolitano, ed oggi noi non siamo ancora pronti. Solo con la redazione di un serio manifesto programmatico di partenza ed assidui incontri fra cittadini ed amministratori potremo ottenere una accelerazione per unire i comuni non solo nei servizi ma soprattutto in programmi decennali di sviluppo».

Non c’è anche poca comunicazione fra voi imprenditori?

«Tra di noi quasi non ci si conosce, né le associazioni di categoria svolgono un sufficiente ruolo aggregante. L’80% delle aziende, attive in ogni settore, non è iscritta a nessuna associazione, vive in trincea per risolvere i tanti problemi quotidiani, e non cercano contatti con la politica, anche se sono all’avanguardia produttiva. Chi prova a cambiare le cose spesso desiste, perché si trova in un sistema che mal recepisce istanze e soprattutto idee innovative che anzi vengono viste come un’invasione di campo o peggio “lesa maestà”».

Come poter modificare questa situazione?

«Occorrono amministratori pubblici che si aprano al confronto e soprattutto audaci. Con una maggiore aderenza alla realtà e specialmente una conoscenza di dati statistici continuamente aggiornati potremo debitamente utilizzare i nuovi strumenti politico-amministrativi quali i Piani Strategici, City Marketing, Agenda XXI. Strumenti questi ormai largamente usati in molte “città intelligenti” italiane ed europee e che stanno spazzando via i politici vecchia maniera tutto fumo e demagogia. Una volta condivisi dati e conoscenze, poi sarebbe più facile progettare il futuro della nostra area e controllare sistematicamente l’operato dei pubblici amministratori».