SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Voglio augurarmi che il fermo pesca 2006, ventilato per il compartimento marittimo da Trieste a Manfredonia (e quindi anche per quello della Riviera Picena), per il periodo 31 Luglio – 25 Agosto, sia soltanto un “si dice” poiché se confermato, sarebbe una vera scelleratezza e quindi un ennesimo colpo per la già difficile situazione economica in cui versano i settori turistico e commerciale». E’ questo il crudo commento del direttore Confcommercio Giorgio Fiori, alla notizia che preannuncia il fermo biologico per l’intero mese di Agosto, che andrebbe a colpire duramente gli esercizi di rivendita di pesce fresco e soprattutto quelli di ristorazione.

«Sono esterrefatto – aggiunge Fiori – perché già per l’anno 2005 era stato ipotizzato in un primo tempo il fermo – pesca dal 1° al 30 Agosto e poi era prevalso il buon senso, dietro anche non poche pressioni della Confcommercio, riportando nel compartimento marittimo di interesse della provincia di Ascoli Piceno, lo stop dal 13 al 27 Agosto e dal 17 Settembre al 1° Ottobre”. Non comprendo dunque, pur se posso immaginarlo, quali forti lobby ci siano dietro per rimettere tutto in discussione, ma è chiaro che a questo punto dobbiamo ricominciare la nostra battaglia daccapo».

«E’ vero – aggiunge Fiori – che il pesce fresco si trova sempre e comunque poiché basta pagarlo qualsiasi prezzo approvvigionandosi altrove, ma ci sono due problematiche primarie che non giovano né ai consumatori, né al turismo. La prima è che necessariamente i ristoratori specializzati in pesce fresco, per non chiudere, sono costretti a ritoccare i prezzi e la seconda è che comunque il fermo pesca crea una sorta di psicosi ingenerando negli stessi consumatori la convinzione che in questo periodo si rischia di trovare nei ristoranti solo pesce congelato, creando così una forte diminuzione della domanda».

«Comunque – conclude Fiori – non ci diamo per vinti e la Confcommercio si impegnerà a far tornare il buon senso dell’anno passato. Tra l’altro è scientificamente provato che il fermo biologico non serve a nulla e che piuttosto sarebbe molto più utile dividere il mare per fasce, da quelle costiere via via a quelle più lontane, inibendo appunto la pesca in quelle zone dove bisogna tutelare la riproduzione di alcune specie e contenendola invece nelle altre. Ci auguriamo di riuscire nell’intento e se il Ministero deve necessariamente accontentare per motivi diversi dalla tutela biologica le imprese di pesca, insistendo su un fermo che a questo punto più che biologico può essere definito “politico”, allora anche alle imprese del commercio e della ristorazione costrette a ridurre l’attività, vengano dati adeguati sostegni economici, ovvero sostegni sociali con il ristorno delle spese affrontate dalle stesse imprese per mantenere l’occupazione».