SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Abbiamo incontrato il neodeputato eletto all’estero ospite della nostra città per partecipare ad una manifestazione elettorale per il candicato sindaco del centrosinistra Giovanni Gaspari.
Originario di Castel di Lama,48 anni, in Australia da oltre vent’anni, Marco Fedi è stato eletto per l’Unione, in base alla legge elettorale per gli italiani all’estero che prevede il voto di preferenza, da una ropartizione elettorale – Asia, Africa, Oceania e anche Antartide – vasta la bellezza di 75 milioni di chilometri quadrati. Lì, fra alcune centinaia di migliaia di connazionali sparsi in questa immensa parte del pianeta, lui ha ottenuto 11.494 preferenze. «Alcune decine pure in Antartide», tiene a ricordare, «fra i tecnici delle stazioni di ricerca».
Visto che lei è anche un nostro conterraneo, rappresenterà in parlamento anche il Piceno e le Marche?
Certamente, sarebbe sbagliatissimo non farlo. A parte che secondo la costituzione un parlamentare non ha vincoli di mandato, non ho alcuna intenzione di “ghettizzarmi�? solo su alcuni temi. Quindi mi interesserò di tutto, anche della mia terra d’origine.
Ma la presenza di Fedi a San Benedetto è propozia per chiedergli conto della lettera – firmata da lui assieme al altri quattro parlamentari Ds eletti all’estero: il senatore Claudio Micheloni e i deputati Marisa Bafile, Gino Bucchino e Gianni Farina – fatta recapitare sulle scrivanie di Prodi, D’Alema, Rutelli e Fassino all’indomani della nomina di Franco Danieli come Vice Ministro agli Esteri con delega per gli Italiani nel mondo. Oggetto: le modalità usate dal Governo per questa scelta.
Secondo Fedi la scelta di Danieli non è affatto definitiva perché essa deve ancora essere discussa nell’incontro con il ministro degli Esteri D’Alema che i parlamentari eletti all’estero avranno lunedì 22, «prima del voto di fiducia alla Camera».
Vuol dire che l’esito potrebbe condizionare il vostro voto di fiducia al governo?
«Non dico questo, ma confermo quanto abbiamo scritto nella lettera: ciò che si contesta non è la persona di Danieli nè la sua competenza in materia, ma il modo in cui si è pervenuti alla nomina, per esempio dopo aver consultato solo i senatori. Prima di decidere definitivamente bisogna sentire anche gli eletti alla Camera».
Cosa direte a D’Alema?
«Appunto questo, e che gli italiani all’estero restano in attesa di una attenzione maggiore e qualitativamente diversa rispetto al passato. E di un maggiore rispetto nei confronti dei parlamentari da loro eletti, come abbiamo legittimamente rivendicato anche nella lettera».
Che alternativa proporrete al ministro degli Esteri?
«Dopo avere ricordato di essere stati sempre disponibili a ricercare soluzioni condivise, faremo presente che non è possibile che prevalgano logiche estranee agli interessi dei nostri elettori, logiche che per noi tutti sarebbero semplicemente inaccettabili».
Venerdì il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo di Gian Antonio Stella che commenta non solo il proliferare di poltrone nel nuovo esecutivo ma anche il fatto che nel suo discorso al Senato «su un totale di oltre novemila parole, Prodi si è dimenticato di usarne tre: italiani-nel-mondo». Lamentate anche questo?
«Sì, ma il disagio manifestato dagli eletti dell’estero che fanno riferimento ai democratici di sinistra – questo lo condivide anche il responsabile nazionale dei Ds per gli Italiani nel Mondo, Gianni Pittella – riguarda il timore di trovarsi di fronte a fatti compiuti prima ancora che la consultazione sia stata fatta e che il suo esito sia definitivamente valutato dal presidente Prodi e dal consiglio dei ministri. Per questo insistiamo nell’applicazione completa e corretta del metodi da noi richiesto, anche per riassorbire tensioni e scongiurare incomprensioni».
A parte il fatto alla fine il nuovo viceministro sia Franco Danieli o un altro, per esempio un parlamentare eletto all’estero, lei è d’accordo sulla soppressione del ministero voluto da Tremaglia?
Sì, con il ministero degli Esteri si erano determinate troppe interferenze e troppi conflitti di competenza. Il nuovo viceministro dovrà soprattutto occuparsi di tre punti programmatici: adeguamento della rete consolare, tutela sociale per i nostri emigrati, promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo. Il resto rientra nella piena competenza del Consiglio generale degli italiani all’estero e del ministro degli Esteri che lo presiede.
A proposito, ora che lei è deputato, si dimetterà da membro del Cgie?
Non è detto. La legge non me lo impone e in passato ci sono stati vari altri casi di doppia carica. Tutto dipende da come andranno le cose e da come e quanto, come parlamentare, potrò continuare a tutelare e rappresentare anche gli interessi e le aspettative di coloro che nel 2004 mi hanno eletto al Cgie.