STADIO: Luigi Ferraris. Medaglia d’argento al valore, nato il 18 novembre del 1887 a Firenze ma di origini piemontesi (Saluzzo) e morto il 23 agosto del 1915 a Cima Maggio in trentino, è stato calciatore e capitano del Genoa. Cadde durante la prima guerra mondiale, alla quale aveva partecipato come volontario e dove era giunto sino al grado di tenente.
Militò nella squadra genovese come centromediano dal 1909 al 1912.
Di professione ingegnere alle Officine Elettriche Genovesi, ufficiale di artiglieria nel primo conflitto mondiale, venne decorato di medaglia d’argento al valore militare.
Alla sua memoria è intitolato dal 1933 (nel giorno di Capodanno) lo stadio genovese di Marassi, inaugurato a sua volta nel 1911. Dati ufficiali parlano all’epoca di due tribune riparate dal sole e dalla pioggia per una capienza totale (compresi i parterre) di circa 25.000 spettatori – attualmente ne può ospitare 40.266. Uno stadio che ricordava molto da vicino gli impianti inglesi e che fu subito considerato il migliore d’Italia.
Quando nel 1987 ebbero inizio i lavori di ristrutturazione del vecchio stadio Luigi Ferraris, i genovesi non si dimostrarono subito entusiasti. La decisione presa dal Comune di adeguare la struttura dell’impianto ai Campionati del mondo di calcio che, nel 1990, si sarebbero svolti in Italia riguardava infatti una sorta di monumento sportivo cittadino.
I lavori furono realizzati in due anni e due mesi, dal luglio 1987 al settembre ‘89, senza compromettere la stagione calcistica in corso.
La peculiarità che rende il Luigi Ferraris assai suggestivo è la localizzazione decisamente urbana, nel tessuto di un quartiere, Marassi, densamente abitato. E’ dunque uno stadio di città perché la città lo circonda.
Un disegno all’inglese, da cui deriva un fascino pressoché unico fra gli impianti nostrani, che presenta le tribune lungo i lati del campo e sostituisce le curve di gradinata con 4 torri, alte 44 metri da terra, contenenti scale e servizi, è la casa madre di due tifoserie, quella genoana e quella sampdoriana, tra le più british d’Italia, per la sconfinata fede che dimostrano verso i colori amati.
Interamente coperto si sviluppa su due anelli e i sostenitori ospiti vengono fatti sistemare nella tribuna lato Gradinata Sud.
Ubicato in via Giovanni de Prà, dista dal centro mezzo chilometro e poco di più dalla stazione.
TIFOSERIA: insieme a quella napoletana, con la quale peraltro esiste un solido gemellaggio, costituisce la fuoriserie del tifo della C. Non solo per i numeri – 15.355 abbonati al Ferraris, sempre migliaia di sostenitori lontano dall’impianto amico – ma anche e soprattutto nella sostanza. Di più: nei cromosomi del tifoso genoano alberga il portamento e la condotta dell’ultras più incallito. In questo la gente di Marassi si rispecchia e riflette quell’indole english cui si faceva riferimento parlando della città.
Un esempio, l’ultimo in ordine di tempo, scaturisce dai fatti della scorsa estate: il popolo rossoblu ha saputo reagire con grande orgoglio alla vera e propria mazzata maturata – leggi scandalo del calcioscommesse, con annessa retrocessione in terza serie -, seguendo con la solita, intrepida fedeltà il Grifone, dopo mesi trascorsi tra speranze, illusioni e soprattutto proteste contro il Palazzo.
Del resto è non solo la storia del club, ma anche quella della tifoseria, della mitica Gradinata Nord, a dare testimonianza di una fede a prova di retrocessione. Il nome che ha segnato per tanti anni la storia degli ultras liguri è quello della Fossa dei Grifoni, uno dei gruppi leggendari – l’affermazione non è esagerata – del panorama nazionale. Si narra – è soltanto un’ipotesi – che nel ’73 (nacque in realtà un anno prima) scelse tale dicitura in onora della Fossa dei Leoni del Milan, con la quale si condividevano simpatie di sinistra; questo rapporto si è poi deteriorato, anche prima del fatidico ’95, anno della scomparsa di Claudio Spagnolo, nel corso di un tristemente storico Genoa-Milan.
Il nucleo apparteneva al Club Ottavio Barbieri (dedicato a un famoso calciatore del Genoa degli anni Venti, nonché allenatore nei Quaranta), nato nel novembre del ’70 e tuttora sulla cresta dell’onda, tanto da essere uno degli attuali gruppi guida della Nord – risale allo scorso 13 aprile l’episodio che ha riuguardato un capo storico del club, reo di aver sparato contro altri due esponenti di spicco dello stesso, ferendone uno in maniera abbastanza seria, che naturalmente ha scocco l’intero gruppo ligure -, spalleggiato da Vecchi Orsi, Brigata Speloncia – deve il nome ad un ex ultras della Fossa dei Grifoni; nata da circa tre anni poggia su un mentalità vecchio stampo ed è senz’altro, attualmente, tra le migliori realtà della Nord -, Carruggi (espressione dialettale che indica il vicolo, caratteristica della città), Club Gigi Meroni e Genoa Club Verrina.
Dal ’73 la Fossa coagula le sigle più disparate e i giovani provenienti dai club più attivi, tanto che da allora la storia di Ottavio Barbieri e Fossa coincide, fra altri e bassi, fino allo scioglimento di quest’ultima nel campionato ’92-‘93, dopo vent’anni dalla nascita.
La Gradinata Nord ha saputo gestire al meglio il naturale smarrimento dopo la scomparsa di uno dei gruppi che hanno fatto la storia del movimento ultras nostrano, specie in ambito coreografico. Quella genoana infatti si è sempre distinta per l’ampio uso di bandiere – uno spettacolo la Gradinata piena zeppe di vessilli – tra l’altro sempre rinnovate e curate nei dettagli, oltre che alle vena creativa mostrata nell’organizzare spettacoli di livello.
E’ alla Nord per esempio che dobbiamo l’idea del sipario, inteso come immenso telone, bandiera che anticipa la coreografia vera e propria e fatto muovere attraverso l’azionamento di apposite carrucole. Un sipario, per l’appunto, che copre agli occhi del resto del pubblico, delle squadre e dei telespettatori (ahinoi è così), la scenografia pensata per l’occasione.
Se ne contano diversi in casa genoana, ma il primo, quello che ha fatto storia e proseliti, risale alla stagione ’90-’91 – quella dello storico quarto posto: il sipario è costituito dal bandierone con il Grifone e i nove scudetti, unitamente alla scritta “Un cuore grande così�?; dietro ad esso la Nord è già un brulichio di bandierine rosse e blu ai lati, e bianche e rosse al centro, a disegnare lo stemma della città ligure.
I Novanta furono anche gli anni che regalarono maggiori soddisfazioni alla tifoseria, con Genoa di Bagnoli vincente anche in Europa; memorabili in tal senso gli esodi di Oviedo (8.000) e Liverpool (3.000). Seguirono, nella seconda metà del ’90, i nove anni di fila in B, con l’accesa contestazione ai danni del presidente Spinelli. Ma i Novanta verranno pure ricordati per la morte di Spagna, alias Claudio Spagnolo, ucciso da un tifoso milanista e rimasto nel cuore della Nord che ogni anno lo ricorda con affetto e partecipazione.
Attualmente degli attriti, se così si possono chiamare, esistono anche con Enrico Preziosi. La tifoseria genoana in questo senso si è spaccata: la Nord, da inizio campionato, sta chiedendo al re dei giocattoli di farsi da parte, mentre gli altri settori del Ferraris – rammentiamo che tra i club più attivi presenti nei distinti vanno citati i Figgi do Zena (letteralmente ‘Figli del Genoa’), i quali peraltro in ordine alla questione Preziosi non si sono schierati – manifestano solidarietà all’ex patron del Como.
Segnaliamo infine un altro momento storico e toccante al tempo stesso per chi ha a cuore le sorti del Grifone. L’addio di Gianluca Signorini, capitano e bandiera rossoblu per lunghi anni. dopo una lunga malattia, il 6 novembre del 2002 se ne è andato nel ricordo dei tifosi che l’anno prima (la sera del 24 maggio 2001), lo avevano ricordato nel corso di una partita tra vecchie glorie genoane a lui dedicata. L’immagine di Signorini, sulla sedia a rotelle, spinto dai familiari fin sotto la Gradinata Nord, in un Ferraris pieno per 30.000 unità, è di quelle indelebili per gli amanti del calcio e del tifo.
La Nord e la solidarietà.Da sempre la gradinata rossoblu si è saputa distinguere per azioni solidali nei confronti del prossimo. Le ltime iniziative da menzionare? La raccolta di fondi, in occasione dei 110 anni del Genoa, per i frati franzioniani e le loro missioni in Africa, quella a favore di Emergency e per lo tzunami in Thailandia.
Fondazione Genoa. Lo scorso novembre il presidente Enrico Preziosi ha ceduto il 25% delle quote sociali alla Fondazione Genoa, costituita dai tifosi rossoblu per “avvicinare le nuove generazioni alla squadra, collaborare con il Genoa-Società quale entità esponenziale degli interessi diffusi della comunità genovese, promuovere ricerche e storia sul Grifone, aiutare il calcio giovanile, proposte riformatrici dell’ordinamento sportivo italiano con particolare riferimento al calcio�?.
La Fondazione Genoa, organismo che prevede la partecipazione di tifosi e di Enti locali, è un organismo che non ha precedenti in Italia e, soprattutto, l’ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, di quanto la città ligure e il club del Grifone siano legate l’una all’altra a doppio filo.
Gemellaggi e rivalità. Rapporti strettissimi con Torino, Napoli, Ancona (mercoledì scorso una delegazione rossoblu ha presenziato al funerale dell’ultras dorico, appartenente al gruppo Cani Sciolti, Vincenzo Mengoni) e Vigor Lamezia. Sentite rivalità con Lazio, Inter, Milan, Verona, Brescia, Atalanta, Fiorentina, Parma, Cagliari, Juve, Taranto, Modena, Padova, Ascoli, Livorno (dopo la rottura del gemellaggio storico col Pisa), Venezia e, soprattutto, Sampdoria, anche se dopo la furibonda rissa avvenuta nel ’91, nel corso dei festeggiamenti dei blucerchiati per la conquista della Coppa delle Coppe, si è arrivati ad una tregua tuttora in atto. Della serie: la “battaglia�? si compie a suon di coreografie.