SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Campione contestato dalla tifoseria sambenedettese per una serie di ragioni (non segnò neanche una rete con la Samb nel Cnd e poi esplose nella Serie A con il Perugia di Gaucci; è stato protagonista della promozione in Serie A dell’Ascoli durante lo scorso campionato…) Christian Bucchi resta, ad ogni modo, uno dei migliori talenti del calcio sambenedettese degli ultimi quindici anni. A lui possono essere accostati soltanto Tonino Chimenti (per anni riserva di Buffon alla Juve), Ottavio Palladini e Sebastiano Vecchiola.
Christian Bucchi, tuttavia, è, al momento, uno dei calciatori più in vista dei campionati italiani, essendo il capocannoniere della Serie B, con la maglia del Modena. Nello scorso calciomercato di gennaio, infatti, sulle sue orme si erano catapultate gloriose squadre europee quali il Benfica e il Monaco ma Christian, alla fine, è rimasto in Italia.
Ma la storia di Bucchi, recentemente premiato come Grottammarese dell’anno, è una storia fatta di gavetta e sofferenze, come testimoniato da una intervista rilasciata da Bucchi al mensile il Calciatore, da cui riportiamo alcuni passi importanti: «Se penso a tutti coloro che mi hanno dato una mano a diventare calciatore – dichiara Bucchi – intanto devo cominciare con mio padre, è stato lui sin da quando ero piccolissimo ad avvicinarmi al pallone. Ha giocato pure lui, ha fatto il portiere, ha sempre giocato tra i dilettandi ed è stato poi sempre lui il mio “tassista�?, quello che mi portava a giocare. Ce ne sono state altre poi di persone in gamba che mi hanno aiutato e qui mi piace ricordare in particolare Giulio Spadoni, è stato lui il mio primo allenatore, lì all’oratorio di San Benedetto del Tronto, Pulcini, avevo 6 anni e la squadra si chiamava Azzurra. Ci sono stato tre anni e poi quando ero in età da Esordiente Spadoni è passato alla Sambenedettese, e così ha portato con lui qualcuno di noi».
Bucchi quindi apre il capitolo sulla Samb e di San Benedetto: «Lì ho fatto tutta la trafila ed è stato proprio in quel periodo, a cominciare proprio con Spadoni, che ho cominciato a conoscere quelle regole che poi uno si porta dentro, che gli servono sempre: il rispetto dei compagni, gli orari, il sapere stare in gruppo. Con la scuola? Mi sono diplomato al Liceo Scientifico, poi mi sono iscritto a Scienze Politiche dove ho anche dato tre esami».
Ricordi di gioventù: «Avevo 13 anni, facevo il raccattapalle alla Samb, era Serie C e già mi pareva un sogno. più tardi già a stare con loro, ad allenarsi con la prima squadra, era il massimo. Ora a 18 anni hanno il procuratore, la macchina potente, contratti importanti. A me pare badino ai soldi più di prima […] Io adesso penso a qualcosa di stabile, avere insomma la possibilità di lavorare a casa mia, proprio a Grottammare».
Bucchi continua la sua intervista ricordando gol fatti… e sbagliati: «I gol che ho fatto me li ricordo tutti, li considero tutti importanti, non mi piace ricordarne uno in particolare. Quello invece che non so proprio ancora adesso come ho fatto a sbagliare è di quando avevo 16 anni, giocavo nel CND, Sambenedettese-Monterotondo, perdevamo 1 a 0. Lì in area c’era stata una palla spizzata e mi sono ritrovato il pallone giusto sul piattone, ad un metro dalla porta. è stato un miracolo negativo riuscire a non segnare, rimane pazzesco».
Bucchi non può fare a meno di ricordare, nel corso dell’intervista, l’incredibile scomparsa della compagna Valentina, avvenuta quando lui era a Cagliari. «Abbiamo vissuto sei mesi assieme, s’andava bene e così è venuto naturale il desiderio di avere un figlio. è nata così Emily, che adesso ha quattro anni, bellissima. Poi è successa quella cosa, Valentina ha avuto quell’infarto… è chiaro che sono cambiato, soprattutto nell’approccio alla vita».