NOME: Pro Patria Calcio.
ANNO DI FONDAZIONE: 1919.
COLORI SOCIALI: maglia a strisce orizzontali bianche e blu, pantaloncini e calzettoni blu.
CENNI STORICI: La Pro Patria è, insieme a Genoa e Padova, il club del C1/A più blasonato. I bustocchi infatti vantano ben 16 tornei nella massima serie – 13 campionati cadetti e 37 di C, compreso quello attuale, completano il quadro del palmares biancoblù – e seppure dalla metà degli anni Sessanta i lombardi navigano in acque decisamente più torbide (l’ultimo torneo di A è datato ’55-‘56, l’ultimo di B ’65-’66), il fascino del squadra di Busto Arsizio è rimasto immutato nel tempo. Soprattutto per quelle maglie a strisce orizzontali bianche e blu uniche in Italia – richiamano quelle, leggendarie, del Celtic di Glasgow (biancoverdi) – e che, non a caso, nel 2000 si classificò seconda nel prestigioso concorso indetto dal Guerin Sportivo tra le casacche più belle delle squadre europee.
Nonostante la Pro Patria nasca solo nel 1919, gli albori del calcio bustocco risalgono al lontano 1881, data della fondazione della Ginnastica Pro Patria et Libertate, una delle più anziane e gloriose società sportive italiane, dalla quale la Pro eredita la celebre casacca biancoblù. Ma il primo club calcistico locale affonda le radici nei primi anni del Novecento, con l’Aurora che nella stagione 1906-’07 disputa le prime partite ufficiali.
Nei dieci anni e più che la separarono dalla nascita della Pro Patria, videro la luce altre squadre locali, che però ebbero un’esistenza piuttosto breve. Come detto nel ’19 le realtà cittadine si fondono dando vita alla Pro Patria che solo otto anni più tardi (per la precisione il 23 settembre 1927), esordì nella massima serie. E a quella stagione si fa risalire il nomignolo che da allora ha caratterizzato e sostanzia il simbolo assurto da squadra e tifoseria: il giornalista della Gazzetta dello Sport Bruno Roghi in effetti coniò ai giocatori della Pro Patria l’appellativo di Tigrotti, in virtù dello spirito, del carattere e della voglia di combattere degli stessi.
Nel corso degli anni la Pro Patria seppe fregiarsi di nomi di grande livello: pensiamo ai vari Carlo Reguzzoni, Enrico Candiani, Stefano sacconi, Lello Antoniotti, Luciano Re Cecconi, Emidio Cavigioli, Angelo Turconi, ma anche agli a Giuseppe Meazza e a Rangone, che si sedettero sulla panchina biancoblù.
Dopo la metà degli anni Sessanta, quando, come detto, i bustocchi lasciano anche la serie cadetta, la Pro Patria vive un lungo periodo di eclissi, con alti e bassi fino alla prima retrocessione nell’allora Interregionale, targata 1988, categoria dalla quale i bustocchi di tireranno fuori nel ’95, attraverso la fusione con la Gallaratese che fa ripartire il neonato club dalla C2.
Sarà poi la stagione 2002-‘03, dopo ben vent’anni d’assenza, che sancirà il ritorno dei lombardi in C1 al termine del vittorioso spareggio contro la Sangiovannese.
Attualmente, la squadra di Gian Cesare Discepoli sta disputando il terzo campionato di fila in terza serie, sempre puntando alla salvezza, nonostante i nomi che il presidente Alberto Armiraglio ha di volta in volta regalato alla tifoseria. Organico assolutamente all’altezza anche quest’anno, con i vari Tramezzani, Temelin, Valtolina, Ambrosetti e Boscolo, dall’alto della loro esperienza, che formano l’ossatura di un undici mutato di poco rispetto allo scorso torneo: in difesa sono arrivati l’ex Ancona Franchini, l’ex Fidelis Andria Cioffi e l’ex Crotone Citterio, mentre a centrocampo i volti nuovi sono quelli dei giovani (19 anni) Frascoia, dall’Inter, e Bianco, dal Carpi.
In attacco si sono registrati gli arrivi dell’esperto Fabio Artico, dall’Ivrea, e della promessa del Parma Alex Gibbs, nome nel recente passato accostato più volte alla Samb.
CITTA’: Busto Arsizio ha circa 78.000 abitanti e si trova in provincia di Varese. Non è chiara l’origine del suo nome.
Per quanto riguarda Busto, si ipotizza che il nome sia di origine latina e significhi ‘bruciato’ (da ambustum, passando attraverso una divisione popolare delle sillabe in ‘am-bustum’ invece di quella corretta ‘amb-ustum’), con riferimento ad un terreno piuttosto secco o ad un incendio che avrebbe colpito anticamente l’abitato.
Arsizio (termine che viene aggiunto solo verso il XIII secolo) potrebbe essere una duplicazione del precedente (richiama infatti l’aggettivo ‘arso’), dando quindi il significato di ‘città bruciata due volte’ o simili; oppure potrebbe derivare dal latino ars, alludendo all’operosità degli abitanti. Altra ipotesi è che derivi da arsi, in greco “sollevare”.
Curiosamente, questa parte del nome è presente anche all’interno del nome di un comune ticinese, Brusino Arsizio.
Anticamente, accanto a ‘Busto Arsizio’, era comune l’indicazione della città come ‘Busto Grande’ (rimasta nel dialetto: il nome dialettale della città è infatti ‘Büsti Gràndi’, mentre non esiste un termine dialettale per rendere ‘Arsizio’) al fine di distinguerla dalla più piccola Busto Garolfo nonché da Buscate (anticamente ‘Busto Cava’).
Le origini. Non è nota nemmeno l’origine di Busto Arsizio, ma probabilmente l’area era già abitata in età romana (come fa supporre l’andamento regolare delle vie del centro storico, che richiama lo schema a cardi e decumani) e forse anche più antica (i centri circostanti e le odierne frazioni, nonché alcune antiche contrade della città come “Sciornago” hanno nomi con le tipiche terminazioni celtiche ‘-ago’, indicante proprietà terriera, come Cassano Magnago, Dairago, Magnago, Sacconago-, ‘-ano’, come Borsano, Cassano, Fagnano, Legnano- e ‘-ate’, che serviva per distinguere i nomi di luogo da quelli di persona, come Arnate, Bienate, Buscate, Castegnate, Cedrate, Gallarate, Olgiate, Samarate, Solbiate). Tuttavia, non si ha effettivamente notizia di un abitato sull’area che oggi è la città di Busto Arsizio fino al X°secolo: è di quell’epoca, infatti, la base del campanile della chiesa di San Michele Arcangelo, la costruzione più antica oggi esistente a Busto Arsizio.
In realtà Busto Arsizio viene menzionata per la prima volta in un documento nel 1119, a causa di una contesa tra i decumani della Cattedrale di Milano ed i cappellani, riguardante alcuni terreni. Di nuovo, il nome compare in un documento del 1140: si tratta di un contratto con cui un tale Amizone da Busto e sua moglie Ottavia cedono dei campi situati “in loco Busti qui dicitur Arsizio” alla chiesa di Santa Maria Jemale di Milano.
Il 9 giugno 1164 l’imperatore Federico Barbarossa infeuda Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia e arcicancelliere dell’impero di un territorio comprendente la pieve di Dairago (composta, oltre che dal comune capopieve, anche dei territori di Arconate, Bienate, Borsano, Buscate, Busto Garolfo, Castano, Castelletto, Cuggiono, Induno, Inveruno, Magnago, Nosate, Padregnano, Sant’Antonino, Turbigo, Villa Cortese), Busto Arsizio e Bernate.
Nel XIII secolo si ha notizia di due comunità di Suore Umiliate.
Nello stesso periodo, Busto Arsizio comincia ad acquisire fama grazie ai suoi tessitori di fustagno e ‘bombasina’ (che darà il nome ad una delle due maschere tipiche della città, la Bumbasina, appunto).
Tradizioni. L’ultimo giovedì di gennaio si festeggia la Gioeubia, che viene bruciata in piazza simboleggiando la fine dell’inverno.
Manifestazioni. A Busto Arsizio si svolgono alcune manifestazioni di livello nazionale ed internazionale (come il Festival Chitarristico Internazionale Bustese) o che stanno acquisendo prestigio (ad esempio il Busto Arsizio Film Festival, noto anche come BAFF).
Curiosità. Busto Arsizio non diventò capoluogo di provincia il 2 gennaio 1927 per una sorta di vendetta di Mussolini. Il duce, recatosi in visita a Busto Arsizio, si adirò nel vedere i bustocchi festanti intorno al cardinal Tosi piuttosto che a lui. Fu così che Mussolini scelse Varese, ai tempi molto più piccola di Busto Arsizio, come capoluogo della nuova provincia.