L’attività di Artsinergy, inaugurata il 18 giugno scorso a San Benedetto del Tronto prosegue col programma che, promuovendo la qualità di progetti curatoriali relativi ad artisti di diverse generazioni, prevede l’apertura entro l’anno di altre gallerie nelle città di Palermo, Pavia e Ascoli Piceno.
La mostra di Salvatore Emblema inaugura il primo ottobre la nuova sede bolognese di Artsinergy (in via San Giorgio 3), struttura aperta e articolata che si fonda su un rapporto di sinergia e scambio culturale tra nuove gallerie di arte contemporanea.
Le gallerie, indipendenti e al tempo stesso unite tra loro in un rapporto di reciproca collaborazione, hanno così la forma di foro culturale e luogo dinamico dell’agire, un unicum all’interno del quale ogni singola parte è vitale all’esistenza del tutto.
L’opera di Salvatore Emblema, apprezzata e specialmente seguita da G. C. Argan che la accostava a quella di Fontana, è incentrata sull’azione della detessitura. La tela, resa trasparente dalla sottrazione paziente dei fili che la compongono, lascia intravedere ciò che si trova al di là della superficie bidimensionale che, purtuttavia esistente, non rinuncia al pigmento e al colore.
Nessuna ambizione, dunque, di demistificare la pittura, o di sciogliere la sua ambiguità di fondo, per cui volendo creare si fa il contrario, si imita. All’opposto, praticando un lavoro manifestamente manuale e non-creativo, risalendo e diradando la materia si ritrova la luce, lo spazio, il tempo, la forza significante e non traslata del simbolo.
Il quadro è sempre schermo, ma non più schermo di proiezione. Interrompe col suo piano l’unità dello spazio e, imponendo una pausa e un momento di oggettivazione, la continuità del tempo. Non sopportandolo, Fontana ha risolto il problema da schermitore, a colpi di punta e di taglio. Emblema lo affronta con pazienza e umiltà di artigiano sfilando la tela e diradando la superficie, gravando contemporaneamente la mano sulla rude carpenteria del telaio….Sfilando la tela, lo schermo diventa filtro e permette al pittore mentre fenomenizza la luce, di dosarne l’effusione e la vibrazione con l’arpeggio delicato dei fili.