Da oggi non menzionerò più l’ex Sindaco Martinelli; per nessun motivo al mondo. Da oggi non ne varrà più la pena. Eppure, a ben guardare, a Lui, come fulgido esempio negativo, debbo molto.
Devo a Lui l’aver toccato con mano quella che considero la più deteriore espressione dell’esercizio della democrazia a S. Benedetto; devo una maturazione in quattro anni e mezzo che penso non avrei raggiunto in venti di attività politica “normale?.
Resomi subito conto di essere stato ingannato e che il Sindaco non avrebbe rispettato i principi fondanti il patto elettorale, ho cercato di ammetterlo a me stesso quando tutti intorno a me cercavano di nasconderlo, e me ne facevano una colpa. Era il mese di giugno del 2001. Il dilemma che mi si poneva era: intrupparsi per intripparsi o chiamarsi fuori pianificando, con conoscenti ed amici anche fuori il Consiglio comunale, una battaglia senza quartiere al presagito malgoverno della Città? La mancanza del numero legale al primo consiglio comunale inaugurò una lunga serie di azioni dimostrative.
Con Kipling nella mente ho scelto senza indugio la strada più impervia, ho aspettato senza stancarmi di aspettare, mi sono abituato ad essere calunniato senza rispondere con calunnie e ad essere odiato senza dare spazio all’odio. Ho sopportato, senza fuggire atterrito, di sentire ciò che dicevo distorto da imbroglioni che ne facevano una trappola per ingenui; di vedere le cose, per le quali avevo dedicato il mio impegno civile e politico, distrutte, e umiliarmi a ricostruirle con strumenti ormai logori. Ho incontrato la vittoria e la sconfitta ed imparato a trattare queste due facce di una sola medaglia allo stesso modo, a farne un unico mucchio e buttarle alle ortiche, e a ricominciare di nuovo dall’inizio costringendo cuore, nervi e polsi a sorreggermi anche dopo che non li sentivo più. Ho dovuto parlare con i disonesti senza perdere la mia onestà e a passeggiare con i potenti senza perdere naturalezza; ho imparato a costruire una corazza per proteggermi dai nemici più acerrimi come dagli amici troppo premurosi; a fare gli interessi di tutti gli uomini, ma di nessuno in particolare.
Devo a Lui l’aver capito che la politica necessita di persone generose che non sfruttano il potere per motivi personali; che l’Uomo conta più di certi partiti e di certe coalizioni, che una politica fatta da uomini infimi e ricattabili è il presupposto per permettere alle lobbies organizzate di condizionare, sia da destra che da sinistra, l’azione sociale, anche contro l’interesse generale.
Ho capito che chi professa la generosità ed il disinteresse è mal visto da chi fa o che vorrebbe fare della politica un mestiere; che oltre ai poteri dello Stato – secondo la dottrina risalenti a Locke e Montesquieu – esiste il potere della informazione a mezzo stampa, del “Quarto Potere?, come intuito da Orson Welles, che a volte, a livello nazionale come a livello locale, determina il corso delle vicende sociali e politiche al di fuori dei confini della democrazia.
Mi sono reso conto che il nostro sistema politico-amministrativo non ha affinato, probabilmente in modo preordinato, i meccanismi istituzionali che antepongano l’interesse generale a quello particolare e questi meccanismi mi impegno ad implementare nel futuro programma per la Città. Ho avvertito sulle mie spalle quanto è duro farsi carico dei meccanismi istituzionali mancanti, di come l’impegno è inesigibile al cittadino comune e di come è facile essere risucchiato dai marosi. Non abbiamo bisogno di eroi ma di istituzioni che funzionano e di cittadini che ne fanno uso.
Da Lui ho capito che il rispetto dei principi non ha quasi mai il sopravvento sugli interessi di bottega perché il politicante non ha principi di etica politica da rispettare. Con orrore mi sono poi reso personalmente conto che le amicizie di una vita possono essere infrante e spazzate via dagli interessi, anche i più biechi, e che può voltarti le spalle chi ha condiviso relazioni amicali di spessore e rapporti lavorativi consolidati negli anni.
Ho smesso di fantasticare che nel centrodestra tutto fosse corretto e che invece il centrosinistra fosse la casa del male; ho capito che gli interessi dei due schieramenti spesso coincidono, che in ultimo nessuno calpesta i piedi dell’altro e che, nella scala dei valori, l’intesa clandestina tra i due blocchi supera il dovere di lealtà nei confronti del cittadino elettore.
Restando sempre me stesso, ho ritenuto che a mali estremi occorreva opporre estremi rimedi (in tal senso vanno letti sia la candidatura alla presidenza della Provincia di Ascoli che a quella della Regione Marche). Da solo e senza “contenitore politico? nulla potevo contro “l’apparato?; convinto di ciò ho rappresentato il nucleo di condensazione dei molti temporali che hanno ostacolato a diverso titolo ed in diversa misura il malgoverno della Città.
Oggi, con la fine anticipata del governo cittadino, ritengo che l’estremizzazione dello scontro non è più una via percorribile e riprenderò con la civica “Nuova Alleanza Sambenedettese? il percorso interrotto dopo le elezioni del 2001, di certo non con chi per più di quattro anni è venuto a patti indecorosi con la propria coscienza in nome di una male intesa “governabilità?, che i più nefandi comportamenti giustifica, ma con chi già pone alla base del governo della Città competenza ed onestà e, soprattutto, umiltà e moderazione.
È finita !! Diamo corso tutti insieme ad un nuovo e più luminoso percorso di democrazia, sviluppo e partecipazione.
Dr. Vincenzo Rosini – NAS – Nuova Alleanza Sambenedettese