SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Pesante condanna per l’imprenditore sambenedettese Orlando Marconi. Al ‘re del freddo’ sono stati inflitti due anni e quattro mesi per ricettazione di opere d’arte rubate. I fatti imputati all’imprenditore risalgono al giugno del ’97: Marconi acquistò quadri e mobili antichi per un valore di circa 2 milioni di euro, risultati poi provenienti da un furto. La sentenza, rivelatasi addirittura più dura rispetto alla richiesta dell’accusa, è stata emessa ieri mattina dal Tribunale di S.Benedetto, al termine del processo svoltosi con il rito abbreviato.
I legali dell’industriale hanno già annunciato di voler ricorrere in appello.
Orlando Marconi ha voluto commentare la sua condanna con un lungo e accorato intervento, che pubblichiamo integralmente: “Con riferimento alla sentenza oggi pronunciata di cui non si conoscono le motivazioni, ribadisco quanto ho sempre affermato ovvero di aver acquistato i mobili antichi e quadri, che sono successivamente risultati di provenienza furtiva, da un noto antiquario locale, frequentatore di mostre ed espositore nei mercati di settore, pagando peraltro prezzi anche superiori al loro reale valore di mercato e comunque congrui.
Rimango quindi sconcertato dall’esito di questo processo, conclusosi frettolosamente con una camera di consiglio durata appena un’ora dove sono state valutate con superficialità le numerosissime prove che dimostrano la mia perfetta buona fede. Debbo ritenere quindi che ancora una volta sia stata perpetrata un’azione vessatoria nei confronti del sottoscritto che ha soltanto il torto di essere un imprenditore che ha sempre fatto del lavoro uno strumento di sviluppo per sé e i propri dipendenti oltre che per l’intero territorio.
Lo sgomento aumenta se si considera che avevo anche denunciato il furto di alcune opere d’arte e che nell’atto di riconoscerle dopo il rinvenimento ad opera dei carabinieri ho dovuto purtroppo apprendere dagli stessi carabinieri che alcune di esse erano di provenienza furtiva, e che dunque mi erano stati venduti oggetti in passato rubati e ce non avevano affatto il valore pagato e per i quali ho dovuto anche subire l’onta del processo ed oggi la condanna immeritata.
A nulla è valso anche il riscontro compiuto dalla guardia di finanza che ha accertato come tutti i beni acquistati da me erano stati regolarmente pagati anche con assegni e registrati in contabilità dietro consegna da parte dell’antiquario di ricevute.
In questo contesto probatorio, che dimostra anche ad un non addetto ai lavori la totale buona fede ed innocenza del sottoscritto, la sentenza con la quale sono stato condannato insieme all’antiquario non potrà che essere riformata dal giudice di appello a seguito della impugnazione che verrà immediatamente proposta tramite i miei avvocati perché venga riconosciuta la mia innocenza”.