Uniti per garantire servizi migliori ai cittadini. Considerando che viviamo nell’epoca dello slogan, potrebbe essere questo il messaggio ideale per ‘lanciare’ in futuro una nuova, ipotetica ‘Città grande’ che aggreghi i comuni della Riviera delle Palme. Chissà. Resta il fatto che dai ‘sondaggi’ effettuati nelle scorse settimane tra diversi esponenti della realtà politica ed economica locale è emersa un’indicazione di massima da tutti condivisa: l’Unione dei Comuni potrebbe costituire la strada più praticabile da percorrere nel lungo cammino verso l’integrazione territoriale della Riviera delle Palme.
L’abbiamo citata tante volte ma non forse non abbiamo risposto al quesito più elementare: cos’è l’Unione dei Comuni? È una forma di aggregazione che, mantenendo le identità storiche e culturali delle singole comunità, punta a migliorare l’efficienza dell’attività amministrativa attraverso la riorganizzazione dei servizi e delle strutture.
Dal punto di vista giuridico, l’Unione può essere configurata come Ente Locale: l’intento del legislatore è quello di creare una sede istituzionale di secondo livello cui affidare la gestione associata di funzioni comunali, diffusa su tutto il territorio e posta permanentemente al servizio delle comunità. In tale prospettiva, di grande importanza è la nuova disciplina legislativa in materia.
Con la legge 265 dell’agosto ‘99 e con il raccordo normativo operato dal Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti locali (D.Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000) sono sostanzialmente mutati obiettivi e finalità delle Unioni, oggi concretamente incentivate a favorire la creazione di forme più efficienti di associazionismo tra Comuni. La recente legislazione ha, infatti, trasformato il significato dell’Unione, divenuta, da ente ‘a scadenza’, (la disciplina precedente prevedeva una durata di 10 anni in vista di un’improbabile Fusione) forma di gestione coordinata di funzioni e servizi tra Comuni, che può ma non deve eventualmente sfociare anche in una fusione, sulla base della autonoma decisione degli Enti che ne fanno parte.
E’ possibile prefigurare un simile scenario per San Benedetto e le realtà territoriali circostanti? Prima di emettere sentenze, occorre fare una premessa doverosa: l’Unione, almeno nella volontà originaria del legislatore, è ‘tagliata su misura’ per comuni di piccole dimensioni; ciò escluderebbe a priori la possibilità per la nostra città di far parte di un ente così strutturato. Nella realtà, però, la normativa introdotta nel ’99 ha apportato una significativa modifica alla disciplina precedente, poiché oggi non ricorre più l’obbligo che tutti i comuni appartenenti all’Unione abbiano una popolazione inferiore a 5.000 abitanti, ad eccezione di uno.
Al di là dell’aspetto giuridico, la ragione storica di questa forma associativa è costituita dall’esigenza di far fronte alla crisi dei piccoli Comuni, incapaci ormai di sostenere i costi di gestione minimi necessari per la produzione di servizi. Insomma, la presenza nell’Unione di un ente sovradimensionato come San Benedetto non costituirebbe certo un impedimento per la realizzazione di quest’ipotetica aggregazione.
Compiuto il primo passo, bisogna affrontare un ostacolo ben più duro: riuscire a far prevalere sulle logiche campanilistiche la necessità di costruire un sistema efficiente per la gestione integrata di funzioni e servizi. Inutile nasconderlo, l’impresa è ardua: esistono ancora oggi dei legami indissolubili con il proprio territorio, dei retaggi culturali che rendono impossibile solo immaginare un progetto di Unione tra comuni. Eppure questa è la via da intraprendere, non si può rimandare. Esistono realtà che hanno iniziato a sperimentarla da qualche anno e stanno già beneficiando dei primi reali risultati e delle prime effettive ‘economie gestionali’.
Il riferimento diretto è alle Unioni di Comuni della Valdaso (che comprende i comuni di Altidona, Campofilone, Moresco, Lapedona, Montefiore dell’Aso, Monterubbiano, Moresco e Pedaso) e della ValVibrata (Alba Adriatica, Ancarano, Civitella del Tronto, Colonnella, Controguerra, Corropoli, Martinsicuro, Nereto, Sant’Egidio alla Vibrata, Sant’Omero, Torano Nuovo, Tortoreto) nate entrambe nel 2000. In particolare, l’esperienza dell’aggregazione dei comuni abruzzesi, non dissimile geograficamente rispetto alla ‘nostra’ Riviera delle Palme, si è rivelata proficua sin dalla costituzione dell’Unione. Insomma, non si tratta di un miraggio, la strada è già tracciata.
Basta seguirla.
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