(AGE) ROMA – Ha annunciato di aver inviato un convoglio di aiuti per far fronte alle loro necessità più urgenti. Inoltre, un team dell’UNHCR attivo nel sud dell’Iraq ha individuato decine di rifugiati iraniani, anch’essi espulsi dalle proprie abitazioni dalle comunità locali. Il convoglio – composto da 3 camion – sta trasportando aiuti – tra cui 400 tende, 1.200 materassi e 2mila coperte, oltre a stufe, taniche per l’acqua e sapone – per assistere fino a 2mila persone. Il convoglio ha attraversato questa mattina il confine con la Giordania e dovrebbe arrivare nella capitale irachena nella tarda giornata di oggi. Gli aiuti saranno poi consegnati alla Mezzaluna Rossa Palestinese che a sua volta li distribuirà ai palestinesi rimasti senza casa. Dalla fine della guerra, circa 1.000 palestinesi sarebbero stati costretti a lasciare le case in cui vivevano e si sarebbero accampati in edifici abbandonati nella capitale irachena. L’UNHCR teme che altri dei 60-90mila rifugiati palestinesi che si stima vivano in Iraq possano ancora essere costretti a lasciare le case in cui abitano, quando altri proprietari reclameranno le abitazioni che il governo Ba’ath li aveva costretti a dare in affitto ai rifugiati per cifre molto basse. Dalla caduta del regime, neanche queste minime cifre – in certi casi pari a 1 dollaro al mese – venivano più pagate ai proprietari. Molti dei rifugiati palestinesi che vivono in Iraq si trovano nel paese dal 1948 o sono i discendenti dei rifugiati che arrivarono a seguito del conflitto israelo-palestinese. Altri sono arrivati più tardi, ad esempio dal Kuwait dopo la guerra del Golfo del 1991. La grande maggioranza dei palestinesi che si trova in Iraq vive a Baghdad, ma piccole comunità vivono in tutto il resto del paese e potrebbero avere problemi simili. I palestinesi che vivono in Iraq rientrano nel mandato dellUNHCR, al contrario dei rifugiati palestinesi che si trovano nei Territori Occupati e nei paesi confinanti con Israele, che invece sono assistiti dall’UNRWA – l’Agenzia delle Nazioni Unite di soccorso e lavori per i rifugiati palestinesi del Vicino Oriente. Fino al recente cambio di regime, l’UNHCR forniva loro soprattutto assistenza legale e si occupava dei loro documenti. L’assistenza materiale – tra cui cibo e alloggio – l’assistenza sanitaria e l’istruzione venivano invece fornite dallo stato iracheno, nell’ambito della legge nazionale sui rifugiati del 1971. Nonostante questa assistenza fosse probabilmente meno consistente di quanto la propaganda governativa irachena potesse suggerire, essa potrebbe comunque aver suscitato risentimento tra la popolazione irachena che si sarebbe sentita – a ragione o a torto – sfavorita rispetto ai palestinesi. “Siamo preoccupati che ciò che sta accadendo possa costituire l’inizio di un peggioramento della situazione” ha dichiarato il Capo missione dell’UNHCR in Iraq, Daniel Bellamy. “I palestinesi non hanno colpe, ma se la percezione è che essi erano privilegiati dal precedente governo, allora potrebbero pagarne le conseguenze. Questa è una delle ragioni per cui vogliamo tornare ad operare a Baghdad non appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno”. Mercoledì scorso, un team dell’UNHCR attivo nell’area di Basra, nel sud dell’Iraq, ha individuato diverse famiglie di rifugiati iraniani che vivono in un centro di transito in disuso alla periferia della città. I rifugiati hanno riferito di essere stati espulsi dalle proprie case a Dujaila – un insediamento di rifugiati presso Al Kut, a metà strada tra Basra e Baghdad – e che le loro proprietà e i raccolti sarebbero stati confiscati. Mentre il team dell’UNHCR si trovava ancora nel centro, altre due famiglie sono arrivate da Dujaila adducendo motivazioni simili. Gli operatori hanno poi proseguito verso il confine con l’Iran, dove hanno scoperto altre tre famiglie di rifugiati iraniani che avevano lasciato Dujaila e che tentavano di ottenere l’autorizzazione a rientrare in Iran. Il personale dell’UNHCR ha di recente ripreso ad operare a Basra, nel sud dell’Iraq, e ad Erbil, nel nord, mentre non vi sono ancora operatori internazionali dell’UNHCR a Baghdad. La decisione su quanto personale dell’UNHCR e delle altre agenzie ONU possa ricominciare ad operare a Baghdad e su quando potrà farvi ritorno, sarà presa dall’agenzia ONU per la sicurezza, l’UNSECOORD, sulla base dei rapporti sulle condizioni di sicurezza che vengono svolti nella capitale irachena. Prima della guerra, l’UNHCR assisteva, tra gli altri, circa 12mila rifugiati iraniani – soprattutto di etnia curda – nel campo di Al Tash ad ovest di Baghdad, e più di 9mila curdi turchi nel campo di Makhmour, a sud-est della città di Mosul. L’UNHCR ha più volte espresso preoccupazione per le sorti di un gruppo di circa 1.000 rifugiati iraniani provenienti da Al Tash, rimasti bloccati per oltre tre settimane nella terra di nessuno al confine con la Giordania, dopo aver lasciato il campo alla fine della guerra. I campi di Al Tash e Makhmour sono stati già visitati dal personale locale dell’UNHCR e delle agenzie partner e sono in buone condizioni. Bellamy ha comunque dichiarato che l’agenzia invierà al più presto altro staff internazionale nel paese, per assistere la popolazione in entrambi i campi e per affrontare le questioni relative ai palestinesi. Inoltre l’UNHCR proseguirà nelle attività di preparazione per la reintegrazione dei rifugiati iracheni che faranno ritorno nel proprio paese. (AGE)
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