Me ne rammarico. Ritengo appartenga alla consapevolezza diffusa che quella dell’Università sia una delle carte fondamentali per lo sviluppo del territorio provinciale, un’opportunità da non vanificare.
Molto è stato organizzato nel corso degli anni Novanta e in questo avvio di nuovo secolo. Gli oltre tremila iscritti nei vari corsi di laurea di Ascoli Piceno, Fermo, San Benedetto del Tronto e Spinetoli, costituiscono un fatto importante, quantitativamente e qualitativamente, di cui in primo luogo va dato atto, accanto alle Università delle Marche, all’impegno e alla lungimiranza di Enti locali (Comuni e Provincia), Fondazioni delle Casse di Risparmio, Camera di Commercio e alcuni privati.
E’ ora necessario fare, tutti insieme, una verifica accurata di quanto è stato realizzato e impostare l’azione per i prossimi anni.
Per vari motivi, viviamo uno snodo molto delicato. Perché sia interlocutore attivo della crescita di un territorio, l’Università deve avere fondamento sulla sua storia, sulle strutture portanti dell’economia, sulle vocazioni e sulle potenzialità reali di crescita nei settori qualificati e innovativi del terziario.
Ma occorre avere anche la capacità di evitare che il Piceno sia terra di conquista, porre fine ad esperienze che risultino prive di prospettive credibili, evitare la riproposizione di corsi di laurea simili o affini nello stesso ambito provinciale.
Altra attenzione merita la proposta di un corso di laurea in Economia.
Tutto ciò non può più essere fatto ragionando, di volta in volta, e in forma del tutto autonoma, su sezioni di territorio provinciale.
Nel 1996, quando ci si trovò nella necessità di adeguare, nello statuto e nella organizzazione, il Consorzio Universitario Piceno, l’idea di un unico organismo provinciale, con adeguate rappresentanze territoriali e abbastanza forte da far valere, a tutti i livelli, le diverse necessità, fu rapidamente bloccata. Quanto avvenuto in questi anni deve però rendere inderogabile l’impegno di ragionare e confrontarsi avendo come riferimento il “sistema piceno” in tutte le sue articolazioni, da Arquata del Tronto a Porto Sant’Elpidio. E’ ora di dare spazio a istanze di partecipazione diretta espresse da alcuni Comuni già da qualche anno, non perché si estenda la polverizzazione delle sedi, ma perché l’Università sia sempre più patrimonio comune.
E deve essere chiaro che il ritardo nell’investire i quindici miliardi di lire da tempo messi a disposizione dalla Regione Marche per le sedi danneggia non soltanto il capoluogo ma tutto l’ambito provinciale,
In un efficace passaggio de “Il sipario ducale” di Paolo Volponi, l’autista di piazza, che con la mercedes conduce il contino e le zie da Urbino verso le Puglie, annunzia: “Siamo già fuori del ducato”. Non richiede eccessivo sforzo intellettuale immaginare cosa indirizzerebbe lo scrittore urbinate verso noi, “contini” odierni.

Carlo Verducci
Assessore alla Cultura Provincia AP