Il regista ed antropologo della musica Francesco De Melis ha realizzato un film digitale in cui vengono “mostrate” visivamente le molteplici sonorità (motori e sirene di navi, ma anche le voci di marinai e pescatori al lavoro miscelate dal vento) del porto di San Benedetto del Tronto su una “colonna visiva” composta dallo spazio e dalla forma delle navi, degli alberi, del cordame, delle bitte, delle gru, degli argani, dei fari.

“É il primo esperimento di ‘musica del cinema’ e, nello stesso tempo, di ‘cinema della musica’ che viene ambientato in un porto – spiega l’assessore alla Cultura Bruno Gabrielli – pertanto non poteva che realizzarsi in un grande porto peschereccio di antica tradizione come quello di San Benedetto del Tronto”.

Come suona la vita in un porto? Il ‘campo di suoni’ che ci avvolge nei contesti che ci sono familiari fa così parte del nostro vivere quotidiano che solitamente neanche ce ne accorgiamo. Eppure spesso si tratta di una presenza musicale costante e rassicurante, che ci accompagna per tutto l’arco del nostro ‘vivere’ in questi contesti. Il porto è in tal senso una fonte inesauribile di sonorità. E ogni porto ‘suona’ a modo suo. Sulla base di un comune denominatore sonoro, i suoni variano da porto a porto, a seconda delle tipologie: suoni pescherecci, industriali, mercantili, militari; e questo, già solo ad esempio come motori e sirene di navi, è un primo livello. L’altro livello, non meno importante, è quello di una musica della lingua: le voci di carpentieri e marinai che durante il lavoro, in una sorta di ‘mixage all’aria aperta’ di cui il vento è forse il principale ‘ingegnere del suono’, si miscelano e si fondono con il resto dell’aura sonora.
Porto dei suoni, interamente girato a San Benedetto del Tronto, nel cuore antico di una storica marineria, è dunque un’esperienza di ‘musica del cinema’ e di ‘cinema della musica’ ad un tempo: un saggio visivo ove una specifica fonosfèra adriatica dialoga con la musica originale del film che appunto nasce sulla spinta di queste sonorità. Ciò significa che se l’audio ‘parlerà’ della naturale orchestrazione di tali elementi sonori, il video ‘parlerà’ dello spazio del porto, della forma delle navi, di quella delle prore e delle poppe, degli alberi, del cordame, delle bitte, delle gru, degli argani, dei fari, ma anche del gesto, dello sguardo e della mimica del corpo.
Su questa ‘musica del corpo del porto dei suoni’ s’impianta una danza: quella della cinepresa che, a volo d’uccello sulle forme e sui corpi di questo set, imprime alla realtà di marina la sua coreografia. Il risultato è una sorta di ‘concerto visivo’ sul mondo del mare. Un documento estetico, su base scientifica, di qualità digitale e di pregnanza antropologica.