Nei primi minuti di Samb-Avellino il centrocampista irpino Diè era particolarmente nervoso: fu ammonito e rischiò l’espulsione per alcuni interventi scorretti. Il pubblico, come sovente avviene in questi casi, lo beccò per tutto il primo tempo, un po’ meno nella ripresa. I referti dell’arbitro Mariuzzo e del collaboratore dell’Ufficio Indagini reputarono quelle grida come espressione di discriminazione razziale e la Samb, oltre ad una super-multa di 11.000 euro, vide macchiata l’immagine della città e della tifoseria, proprio in quei giorni impegnata in una campagna anti-razzismo.
Scrivemmo subito (si veda l’archivio del 19 novembre, link cliccabile al termine di questa pagina) che l’arbitro Mariuzzo aveva preso una cantonata (ma anche in campo non fu tra i migliori). La Commissione Disciplinare, con una sentenza esemplare, ha ribaltato il giudizio iniziale, asserendo che «il dire che quei cori e quelle grida, senza specificarne il contenuto, sono espressioni di discriminazione significa aver espresso un giudizio e non un fatto con implicazione quindi di una impropria funzione giurisdizionale».
Pertanto la multa iniziale di 11.000 euro, relativa ai cori razzisti e al lancio di bottigliette in campo, è stata ridotta a 3.000 euro, in sanzione soltanto di quest’ultimo e comprovato atteggiamento della tifoseria rossoblù.
Per chi volesse inoltrarsi nella lettura della decisione della Commissione Disciplinare, riportiamo di seguito il testo, ricordando che Samb-Paternò sarà diretta dal sig. Salati di Trento.
L’arbitro della gara Sambenedettese – Avellino disputata il 17 novembre 2002
a San Benedetto del Tronto per il Campionato di Serie C riferiva che “per tutta la
durata della gara il giocatore di colore dell’ Avellino Die Mhinsela Serge veniva fatto
oggetto da parte dei tifosi della Sambenedettese di cori razzisti senza che la maggior
parte del pubblico di casa ostacolasse queste gesta riprovevoli”, che inoltre “nel
secondo tempo in più occasioni venivano lanciati dal settore occupato dai tifosi della
società Avellino numerosi fumogeni e petardi che però non mi hanno obbligato ad
interrompere il gioco. Al 42′ del 2° tempo nel settore occupato dai tifosi della
Sambenedettese venivano lanciate numerose bottigliette di acqua mezze piene,
accendini e monete. A fine gara dalla tribuna sopra l’ingresso del terreno di gioco
venivano lanciate monete che fortunatamente non colpivano nessuno”. In altra parte
del rapporto l’arbitro aggiunge che durante la partita entrambe le tifoserie lanciavano
fumogeni che raggiungevano accesi il terreno di gioco.
Il collaboratore dell’Ufficio Indagini a sua volta con la propria relazione riferiva
che durante la gara si erano verificati “cori di dileggio da parte dei tifosi della
Sambenedettese riferibili al giocatore di colore dell’ Avellino con maglia n.4. ll fatto si
è verificato spesso ed in concomitanza ad operazioni di gioco dello stesso”.
Con decisione pubblicata il 19 novembre 2002 sul C.U. n.76/C il Giudice
Sportivo comminava l’ammenda di € 11.000,00 alla Sambenedettese “perché per
tutta la durata della gara venivano rivolti cori e grida espressivi di discriminazione
razziale verso un calciatore ospite e non si verificavano iniziative della società o del
pubblico favorevolmente valutabili; per fitto lancio di bottigliette, monete ed accendini
senza colpire; per accensione di fumogeni che ricadevano sul terreno di gioco”.
Avverso tale decisione ha proposto tempestivo reclamo la Sambenedettese
contestando la veridicità degli accadimenti prospettati nei rapporti ufficiali per quanto
attiene alla violazione sanzionata per cori e grida espressivi di discriminazione
razziale e minimizzando la violazione relativa al lancio di oggetti e all’accensione di
fumogeni.
105/397
Osserva la Commissione che il reclamo è meritevole di accoglimento parziale
per quanto in appresso.
In materia di disciplina sportiva i fatti che devono essere conosciuti ai fini del
giudizio disciplinare sono soltanto quelli che risultano dagli atti ufficiali e non già quelli
asseriti dalla parte interessata.
Da ciò deriva, come inevitabile corollario, che i fatti accaduti nel corso di una
gara devono, dall’organo disciplinare, essere conosciuti per il tramite dei documenti
ufficiali secondo le regole dell’art. 31 del R.G.S. di modo che se dagli atti predetti
emergesse l’esistenza di certi fatti, o il loro svolgimento secondo determinate
modalità, ogni contraria deduzione di parte, tendente a rappresentare una diversa
versione degli accadimenti, non potrebbe essere presa in considerazione quindi
sarebbe “processualmente” inutile se non nella ricorrenza delle particolari condizioni
dalla stessa norma previste.
La rigidità dell’enunciato principio, però, ha subito temperamenti sia con la
nuova disciplina della giustizia sportiva che sembrerebbe aver ridotto l’ambito di
efficacia di “piena prova” degli atti ufficiali rispetto alla precedente (art.22
dell’abrogato C.G.S.) escludendo, almeno letteralmente, i riferimenti degli atti stessi
ai comportamenti del pubblico, sia nell’interpretazione giurisprudenziale, nel senso
che gli atti ufficiali attenuano il loro valore di prova privilegiata quando siano o
lacunosi o contraddittori, o non offrono corretti elementi di valutazione, o, addirittura,
si risolvono in giudizi e valutazioni tali da non lasciar spazio alla funzione
giurisdizionale degli organi giudicanti e ad essa si sostituiscono piuttosto che fornire,
come invece dovuto, soltanto elementi di giudizio.
Ed è quest’ultimo proprio il caso della fattispecie in esame.
Infatti gli atti ufficiali ricordati in premessa non riferiscono i fatti costitutivi della
violazione di cui all’art.l0, comma 2, C.G.S., in modo da consentire all’organo
giudicante di valutare se i fatti possano o meno costituire espressione di
discriminazione razziale ma costituiscono “tout court” un giudizio vero e proprio
perché il dire che quei cori e quelle grida, senza specificarne il contenuto, sono
espressioni di discriminazione significa aver espresso un giudizio e non un fatto con
implicazione quindi di una impropria funzione giurisdizionale.
Pertanto limitatamente alla violazione di cui all’art.l0, comma 2 del C.G.S. non
può dirsi raggiunta la prova del fatto e quindi la società Sambenedettese va
riconosciuta esente da quella specifica responsabilità oggettiva.
Per quanto concerne la violazione relativa al lancio di bottigliette, monete ed
altri oggetti e lancio di fumogeni, è stata raggiunta la prova che i fatti sussistono
anche e indipendentemente dal valore di piena prova degli atti ufficiali che di ciò
riferiscono.
Deve qui ricordarsi che se anche si sostenesse che non esiste quella valenza
probatoria esclusiva degli atti ufficiali quando essi riferiscono del comportamento del
pubblico, tuttavia, non solo quando i fatti non sono contestati come nel caso di
specie, ma anche in generale, non par dubbio che all’arbitro, suoi assistenti e agli
altri ufficiali incaricati si debba prestar fede piuttosto che alle dichiarazioni di parte,
postochè nel contrasto, occorre dar credito a quelle che provengono da persone
disinteressate che non hanno cioè alcun interesse a falsare la verità dei fatti per cui i
loro rapporti devono considerasi sul piano probatorio attendibili e sinceri.
Pertanto per tale violazione appare sanzione adeguata l’ammenda di €
3.000,00.
http://www.sambenedettoggi.it/archiviodata.php?action=archivio&mese=11&giorno=19&anno=2002
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