Il nome di un critico letterario, una citazione pirandelliana, testi brevi ma intensi accompagnati da un’intrigante voce maschile. Colti e raffinati. I Valéry Larbaud sono una band superiore alla media, conquistano al primo ascolto ma “catturano” definitivamente al secondo, ed è un vero piacere cerebrale immergersi nei loro “racconti cantati” scaturiti da una profonda riflessione sulla quotidianità. Nato nel settembre 1999, Valéry Larbaud è un progetto musicale in grado di fondere le personalità di Diego Pallavera (Cremona 13/12/1976 – voce), Davide Ciuchi (Soresina 6/02/1978 – tastiere, cori), Luca Landi (Soresina 30/09/1975 – basso), Paolo Ciuchi (Soresina 14/08/1979 – chitarra, cori), Manuel Landi (Soresina 31/08/1979 – batteria) ponendosi l’obiettivo di costruire atmosfere sonore che, unite all’intensità del canto, rendano più coinvolgenti le storie narrate nei testi. La via musicale intrapresa è un connubio fra la malinconia del grunge e la poetica della canzone d’autore, per sfociare in un genere del tutto personale che riesce a coniugare rock e contenuti con grande originalità. Ottimi musicisti, i Valéry Larbaud hanno come punto di forza l’interpretazione canora di Diego che riesce a fondere voce e mimica corporea dando vita alle parole dei testi. In molti, compresa la sottoscritta, hanno definito le sue esibizioni come “performances teatrali” pur non essendoci alcun utilizzo di trucco, costumi e scenografie. Forse l’accostamento è un po’ azzardato, o forse è troppo bravo Diego nel difficile compito di concretizzare l’astrazione della parola, resta comunque il fatto che le canzoni dei Valéry acquistano una luce in più in versione live senza, però, perdere di efficacia sul CD-R. Ed è proprio questa una delle carte vincenti della band che, tra le righe di un eccellente curriculum, può vantare anche una recensione positiva sul numero di agosto 2001 del mensile nazionale “Tutto Musica”. Ed è solo l’inizio perché, seguendo la logica pirandelliana, è necessario restare in movimento per mantenersi vivi. E i Valéry Larbaud sono più vivi (ed intensi) che mai.
Quattro studenti e un avvocato con la passione per la musica, ovvero cinque straordinari interpreti di “racconti cantati”, in breve una sola persona: Valéry Larbaud. Come vi presentate da un punto di vista caratteriale?
I nostri caratteri sono complessi e controversi: condensarli in poche parole porterebbe a trascurare alcuni loro aspetti compiendo, così, un’ingiustizia che nei confronti del nostro essere non ci sentiamo di compiere.
Come vi siete conosciuti?
Siamo tutti amici d’infanzia, tranne Luca e Paolo che si sono conosciuti suonando nei Valéry Larbaud.
Valéry Larbaud è un critico letterario francese della prima metà del Novecento. Come mai avete scelto per la vostra band il nome proprio di una persona?
Ci piaceva il suono ed il fatto stesso di dare un nome proprio ad una band era il modo migliore per rappresentare l’intento di miscelare le nostre cinque espressività al fine di crearne una nuova, la sesta: Valéry Larbaud, appunto.
Temi di attualità raccontati in musica con grande impatto vocale misto a performance teatrali. Un modo decisamente originale di interpretare il rock. Qual è la realtà che volete far trapelare dalle vostre canzoni?
Non vogliamo far trapelare nessuna realtà particolare. Il tutto nasce dalla necessità di dare sfogo alle sensazioni che gli eventi quotidiani fanno nascere dentro di noi.
DIEGO: Per quanto riguarda le performance teatrali, anche se è una definizione arrivata da più parti, sono un po’ scettico nel definirle così in quanto non uso né trucchi né costumi e tanto meno scenografie, a differenza di altri gruppi che con questi mezzi attuano spettacoli più simili al teatro rispetto ai nostri. Mi vengono in mente i Quarta Parete, un gruppo di Bari che attua dei live incredibili. Quindi preferisco dire che, oltre alla voce, uso la mimica e molta fisicità.
Ok Diego, allora in che modo la mimica del corpo ti aiuta a vivere le canzoni?
In primo luogo spero aiuti chi assiste ai nostri live a vivere le canzoni, mentre per quanto mi riguarda serve ad avvicinarmi agli stati mentali che ho provato al momento della scrittura.
“Manichini” illustra il mondo come un grande supermercato in cui gli uomini vogliono fare i manichini per essere ammirati. “Togliermi da te” affronta il delicato tema dell’amore in maniera tutt’altro che scontata, grazie alla metafora di un’amante seduta che lascia sgorgare i ricordi dalla ferita di una storia conclusa. “Devo uscire” umanizza la figura di Dio, che “guarda senza una risposta” e appare “muto” nella disperazione delle note. Tre bellissime canzoni che introducono tre grandi tematiche: la crisi esistenziale che porta ad apparire più che ad essere, l’amore, la visione di Dio. Che rapporto hanno i Valéry Larbaud con questi interrogativi?
Nei riguardi della prima tematica, ovvero la crisi esistenziale, quello che più ci avvilisce e sgomenta è il sistema dentro cui ormai siamo inghiottiti. Un sistema dove, indossando vestiti, guidando un’auto o bevendo una birra si diventa automaticamente mezzi pubblicitari per il marchio dell’uno o dell’altro, proprio a causa del peso sproporzionato che questo ha ormai assunto rispetto all’effettiva utilità e qualità dell’oggetto che acquistiamo. Ci spaventa la grande quantità di persone che non riescono a vedere questa esasperazione. L’amore, invece, è un interrogativo verso cui ci poniamo…interrogativamente! Infine Dio è solo un ripostiglio mentale dentro cui l’uomo rinchiude le paure che non vuole o non può affrontare, evitando così di guardarle a fondo. È per questo motivo che in “Devo uscire” Dio viene definito uomo.
Il curriculum dei Valéry Larbaud è ricco di partecipazioni e riconoscimenti importanti che sottolineano, senza alcun dubbio, una carriera in ascesa. Persino il mensile nazionale “Tutto Musica” ha definito il vostro album “un piccolo capolavoro di rock teatrale”, aggiungendo anche altri commenti lusinghieri. La strada da percorrere è ancora lunga o vi sentite ad un passo dall’affermazione definitiva?
La strada a cui ti riferisci a volte non ci sembra nemmeno di averla imboccata, tant’è che invitiamo a non chiamare il nostro prodotto “album” ma demo o CD-R, perché un album richiede una produzione artistica ed esecutiva tale che non abbiamo ancora i mezzi per poterla realizzare. In ogni caso Pirandello diceva che “la forma è la morte di ogni idea”, quindi per mantenerci informi – quindi vivi – è necessario restare in movimento. Motivo per cui i passi da fare sono ancora molti.
Quale episodio o esperienza vi ha dato più soddisfazione in campo artistico?
Vedere il nostro ultimo demo “Da dove vuoi” scelto come “demo del mese” sul mensile Tutto Musica e, a seguito di quell’episodio, ricevere mail di alcuni ragazzi che da Bari a Lugano hanno voluto acquistare il CD. Una di loro si chiama Laura, è di Roma, e ha permesso che un nostro pezzo venisse programmato ad una radio della capitale: RadioCittàAperta. Infine riuscire ad aprire il concerto degli Afterhours e quello degli One Dimensional Man.
La sfumatura dark della vostra musica ha un retaggio esplicitamente cantautoriale che, pur sfociando nel rock, non presenta alcun elemento banale e nessuna volontà di emulazione. Tuttavia gli esperti del settore vi riconoscono delle influenze derivanti da Nick Cave, Marlene Kuntz, Paolo Conte e Fabrizio De André, artisti da voi apprezzati, anche se quando entrate in sala di registrazione si chiude la porta solo sui Valéry e tutti gli altri restano fuori. Ebbene, quanto incidono sulla psicologia di un gruppo simili analogie?
Trattandosi di analogie sempre molto diverse in base a chi ci ascolta, siamo abituati a dare loro un peso limitato. In ogni caso abbiamo gusti musicali talmente contrastanti da annullare il rischio di una sterile emulazione, pur essendo coscienti del fatto che in fase di scrittura involontariamente i nostri ascolti influiscono in qualche modo.
Un vostro giudizio sul panorama musicale nazionale e sulle band che avete avuto modo di conoscere. Ce n’è qualcuna che apprezzate in particolar modo?
Anziché parlare di band già affermate, che trovano comunque spazio sulle varie riviste musicali, preferiamo menzionarne alcune emergenti con le quali abbiamo condiviso il palco in diverse occasioni. Una di esse sono i LA SPINA, un gruppo di Bussetto (Pr) che ha già inciso due album per una etichetta di Cremona (“Acide Produzioni”): suonano un rock d’autore molto innovativo rispetto alle proposte che sono emerse finora in Italia. Vi consigliamo di ascoltarli. Poi ci sono gli ENDURA, conosciuti proprio in occasione di Sotterranea, con i quali è subito nata un’intesa umana e artistica. Considerando il loro spessore è un fattore molto lusinghiero per noi, tanto che stiamo cercando di fare alcune date insieme anche se, purtroppo, è più difficile di quanto non sembri perché pochi locali sono disposti ad accogliere due band emergenti nella stessa sera. Apprezziamo i F.A.T.A. di Carpi, con i quali ci siamo incontrati di recente ad un concorso ad Azzano Decimo (Pn) dove , dopo aver trascorso una serata umanamente e creativamente intensa, ci siamo accordati per una piccola collaborazione al loro prossimo disco. Poi ci sono anche i DIVELTA, un gruppo bresciano che si distingue per il gusto nella scelta dei suoni e nella raffinatezza della voce femminile al canto.
La stima con gli Endura è reciproca, tanto che Giors (Giorgio Ferrero) ha espresso parole colme di ammirazione nei vostri confronti. Avete mai pensato di realizzare un brano insieme?
Purtroppo non se ne è mai parlato anche perché ci dividono parecchi chilometri di distanza. Finora i contatti tra di noi, a causa dei vari impegni, sono stati solo telefonici.
Nell’edizione di “Sotterranea 2002” avete vinto il premio per il Testo con un Valore Letterario, la critica vi ha acclamato definendovi “gruppo rivelazione” e l’esibizione canora di Diego è rimasta nella storia del Concorso. Un parere sull’esperienza e, soprattutto, vi vedremo ancora sul palco di Sotterranea?
Sotterranea è uno dei concorsi più belli a cui abbiamo partecipato e che, premiando anche i testi, riconosce allo scrivere canzoni un valore poetico che ancora troppi trascurano. Tra poco registreremo il materiale nuovo e appena pronto lo spediremo per iscriverci: se poi ci vedrete dipenderà dalla giuria. Speriamo di sì!
La vostra città, Soresina, offre possibilità ai giovani che vogliono intraprendere la carriera musicale?
Assolutamente no. Non c’è nessuno spazio dove suonare e non c’è alcun interesse verso le band emergenti.
Cosa faranno i Valéry Larbaud domani?
Tra qualche settimana registreremo i pezzi nuovi con i quali cercheremo di trovare più date possibili per suonare e farci sentire in giro. Nel frattempo puntiamo a trovare un’etichetta disposta a produrci.
Un sogno da realizzare.
Vivere di musica!
(rositaspinozzi@tin.it)
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