Un anno di reclusione (accogliendo la richiesta del pubblico ministero Ines Nardini) con i benefici previsti dalla legge ed il pagamento, solidamente da parte di R.R. e della compagnia assicuratrice Nuova Tirrena, di una provvisionale, quale anticipo sulla liquidazione effettiva del danno, da determinarsi in sede civile, pari a 100.000 euro, da dividere tra i genitori ed il fratello minore di Alessandro, oltre al pagamento delle spese processuali (accogliendo così la richiesta dell’avvocato Massimo Tonoli, parte civile nel procedimento).

Si è chiuso così un processo molto doloroso per la famiglia di Alessandro, che ad ogni udienza doveva rivivere gli attimi dell’incidente, riportando a galla un dolore certo mai sopito. Un dolore che

abbiamo letto negli occhi della nonna e della zia, ma che trasmetteva anche quello dei genitori, che non sono riusciti a partecipare fisicamente.

Al momento della sentenza la nonna si è detta “soddisfatta, ovviamente solo per il riconoscimento della responsabilità”. Durante l’udienza ha avuto parole dure nei confronti dell’avvocato Fabrizio Travaglini, legale di R.R. che precisando quanto la morte di Alessandro fosse stato un dramma anche per il suo assistito, ha però contestato all’avvocato Tonoli, l’uso continuo del termine bambino. “Non si può chiamare così un ragazzino di 12 anni, alto un metro e sessanta centimetri, con l’aspetto

di un ragazzo, sicuramente in grado di stabilire il pericolo nel non dare la precedenza”.

La difesa sosteneva, infatti, che Alessandro non si fosse fermato all’incrocio di via Alfieri con via Venanzio e che il guidatore dell’autovettura non aveva potuto fare niente per evitare l’impatto.

Diversa la tesi dell’accusa, che sosteneva l’alta velocità dell’autovettura e la distrazione del guidatore.

Anna Stefania Mezzina