Poche parole, molti suoni, movimento e gestualità, nuovo modo di interagire. Ecco il mondo degli NDCKAOS, gruppo rock di Gioia del Colle in provincia di Bari, composto da Daniela Paradiso (06/08/1981) voce e testi, Nicola Donvito (05/10/1975) basso, Cesare Montrone (28/05/1975) batteria. Il loro sound è basato su una combinazione ben riuscita di rock e musica elettronica a cui hanno aggiunto evidenti riffs heavy metal, ritmi tecno, atmosfere pop, sprigionando così un’energia esplosiva decisamente unica nel suo genere per la semplicità con la quale viene proposta. Un buon traguardo, naturale risultato di una lunga e consapevole sperimentazione, che ha portato gli NDCKAOS a far convergere generi musicali differenti in un unico punto comune. Il seguente approccio con il computer ha potenziato il loro sound e conferito maggiore carattere al progetto senza, però, “deviarlo”: infatti, pur utilizzando le varie sfumature del mezzo elettronico, sono riusciti a far prevalere il proprio istinto musicale. Un grande merito per un gruppo coraggioso e coerente, che ha preferito restare “in patria” piuttosto che prendere il volo verso altre città dove tale modo di esprimersi sarebbe stato sicuramente più condiviso. Infatti Cesare e Nicola, successivamente coadiuvati da Daniela e decisi più che mai a cambiare “le carte in tavola”, si sono messi all’opera per dare vita ad un importante progetto musicale. Il risultato? La nascita di “Everything changes”, un autentico mix di energia nonché un punto di partenza, visto che hanno intenzione di lavorare su nuove sperimentazioni sonore per realizzare un prodotto ancora più innovativo. Ci riusciranno perché Nicola, Daniela e Cesare – oltre ad avere talento e carattere – vivono in una totale simbiosi musicale. E, naturalmente, seguiranno la loro “nota” vincente: l’istinto.

Ragazzi, presentatevi liberamente ai lettori.
Daniela: L’arte è lo scopo della mia vita, la cerco e la trovo in ogni aspetto dell’esistenza. Non sono esteta né critica, ma percepisco i messaggi del mondo e ne tiro fuori l’invisibile nei limiti della mia umana sensibilità. Un altro aspetto di carattere sociale che fa parte della mia vita è la natura: sono studentessa universitaria e seguo un corso di studi che prepara tecnici specializzati nel recupero di aree naturali sfruttate dalle attività economiche e industriali. Per quanto riguarda i progetti artistici, in passato ho avuto alcune esperienze musicali e teatrali. Una delle più significative è stata quella realizzata con i C.F.F. e il Nomade Venerabile, gruppo psyco dark teatro e distorsioni, in cui ho curato la parte scenica e vocale.

Nicola: Sarà banale, ma la professione a cui aspiro è quella del musicista. Senza grosse pretese. Un altro sogno da realizzare è avere – o lavorare – presso uno studio di registrazione ma, attualmente, la realtà mi ricorda che lavoro in una salumeria. Le mie esperienze musicali più importanti le ho avute con i Muddy Grave e i Radio Loop, gruppi entrambi formati quasi dalle stesse persone: sono cresciuto con loro e tutto quello che ho imparato ora si rimescola con le conoscenze musicali di Cesare e Daniela, con i quali ho realizzato il progetto NDCKAOS. Mi trovo davvero a mio agio con loro ma, soprattutto, c’è una grande intesa musicale che ha superato ogni aspettativa. Spero di continuare a suonare con Cesare e Daniela ancora per molto tempo per completare e concretizzare il nostro progetto.

Cesare: La musica è sempre stata la mia più grande passione, fin da piccolo. Ho iniziato a suonare in alcuni gruppi locali fra cui i Nobrain e gli Ultimo Sole per poi fondare con Nicola gli NDCKAOS. Amo mangiare i fusilli ai quattro formaggi preparati da Nicola e i miei hobby sono ascoltare musica, giocare a bowling, dormire. Adoro i Primis,Therapy? e i Sistem of a down. Odio tante cose, in particolare le attese e i bidoni.

Qual è l’origine del nome NDCKAOS? (L’intervista prosegue con Daniela)
Il nome è nato casualmente da giochi di parole: le prime tre lettere sono le nostre iniziali (Nicola, Daniela, Cesare), mentre “kaos” è una parola casuale che ha consentito di creare un effetto musicale nella pronuncia. Un nostro amico ha trovato anche un significato in greco della parola così pronunciata che, con le dovute forzature, significherebbe “caotico attorcigliamento”. Guarda caso!

Come vi siete conosciuti?
Ci conoscevamo già di vista, essendo partecipi e protagonisti del panorama musicale locale. Poi una sera Cesare e Nicola sono venuti nel mio locale per chiedermi di fare una prova con loro nel progetto che stiamo tuttora realizzando. Da lì è iniziata la nostra conoscenza. Tra Cesare e Nicola c’era già una profonda amicizia cresciuta durante altre collaborazioni musicali.

Il vostro sound ha la particolarità di far convergere generi musicali differenti tra loro in un unico punto comune. In questo caso rock e musica elettronica con aggiunta di riffs heavy metal, ritmi tecno, atmosfere pop. Un esperimento decisamente riuscito, dopo un percorso iniziale che ha presentato difficoltà legate soprattutto ai primi approcci con l’elettronica. In tal proposito, come si è evoluto il vostro percorso musicale?
L’evoluzione del nostro sound è ancora in atto. Abbiamo pezzi nuovi molto diversi rispetto a quelli del cd, anche perché ci siamo adattati a suonare senza l’apporto di chitarre. Un limite? Non lo è stato affatto, anzi. Forse ciò che stiamo facendo ora è più compatibile con quello che avremmo voluto realizzare. Inizialmente erano più percepibili le influenze musicali dei gruppi che abbiamo ascoltato e suonato per anni, con l’unica variante nell’uso dell’effetto elettronico. La trasformazione più evidente si sta verificando da poco tempo e il concetto di elettronica si evolve con noi. Motivo per cui ci aiuta molto l’ascolto di gruppi come Sneaker Pimps, Senser, Apollo 440, gli stessi Depeche Mode e molti altri da cui attingere ispirazione ed imparare, proprio perché riescono a far sì che l’elettronica preponderi su tutto, a prescindere dal genere musicale.

Viviamo nell’era del computer, strumento diventato ormai indispensabile per qualsiasi attività umana ed artistica. Un uso o un abuso?
Per noi l’approccio al computer è stato positivo e indispensabile per realizzare ogni parte del lavoro, ma non ne abbiamo fatto un abuso. Attualmente è lo strumento più potente che l’uomo abbia a disposizione, ma senza fantasia, volontà, dialogo, sentimento, sensazione, quindi senza la mente umana, non sarebbe nulla. In fondo il computer è pur sempre uno strumento passivo. La nostra musica è prodotta per mezzo di esso, ma dal vivo, con persone che conosciamo e con le quali interagiamo. C’è il computer, ma principalmente ci siamo noi. L’abuso del mezzo in un certo senso esiste già, ma ci sono ancora un’infinità di cose che l’uomo riesce a fare senza: mi riferisco a tutto ciò che riguarda il sentimento e la passione, aspetti che un computer non può far vivere. A meno che qualche scrittore di fantascienza non abbia già pensato a come realizzare anche questo e, si sa, in genere gli “artisti della scienza” sono riusciti più di una volta a prevedere le evoluzioni della conoscenza scientifica e la pericolosità intrinseca. Credo che molti scienziati si siano lasciati fin troppo ispirare dai libri, pertanto spero che non possano mai verificarsi situazioni analoghe.

Dalle canzoni dei Nirvana e Soundgarden alla realizzazione di un progetto importante come il cd “Everything changes”, con la collaborazione di Maurizio Gasparro e Alessandro Covella. Un autentico mix di energia esplosiva. Com’è nata l’idea?
L’idea del progetto è nata da Cesare e Nicola, i primi e più determinati promotori di un’iniziativa che andava a suo tempo ben oltre il solito modo di concepire la musica dalle nostre parti. La collaborazione con Maurizio e Alessandro è avvenuta perché sono stati tra i primi, a Gioia del Colle, ad utilizzare il mezzo del computer e dell’elettronica nelle loro attività artistiche. Erano gli inizi degli anni ’90 e non c’era spazio per questa nuova proposta perché c’era parecchia distrazione creata dall’ondata grunge. E non solo: si ignoravano ancora le potenzialità acquisite dal computer con l’apporto delle nuove tecnologie. Quando, però, alcuni se ne sono accorti hanno scelto di “scappare” subito altrove, verso luoghi dove il loro modo di esprimersi non venisse soffocato dalla mentalità del posto. Cesare e Nicola, invece, hanno davvero voluto cambiare le carte in tavola nella loro vita musicale, iniziando qualcosa di “serio” con la realizzazione di un cd musicale completo in ogni sua parte. Hanno creato tutte le basi registrandole in meno di cinque mesi, poi mi hanno chiesto di cantarci qualcosa su.

E l’esperimento ha dato buoni risultati…
Sì, quindi abbiamo continuato sulla stessa linea per circa un anno e mezzo. Soltanto dopo mesi di esercizio e perfezionamento abbiamo suonato per la prima volta in pubblico riscuotendo un caloroso assenso proprio da parte dei più scettici. Dopo il cd il nostro modo di lavorare per la creazione dei pezzi non è stato più così individuale come all’inizio, ma del tutto in simbiosi: mentre proviamo può capitare che a uno di noi tre venga in mente un motivo, un giro o un ritmo nuovo; improvvisamente anche gli altri si accordano e il pezzo è fatto! Successivamente curiamo il sound ed ogni particolare che possa rendere unico il lavoro.

Quale messaggio racchiude il vostro mondo?
Il nostro messaggio è l’istinto, portato fuori in modo energico ma mai distruttivo. Il nostro modo di creare ci porta a realizzare un’idea con i mezzi che abbiamo a disposizione, con tranquillità, senza sforzi. Testi e musica vengono fuori in modo naturale, soprattutto gli ultimi, che differiscono dai precedenti per la ricerca della semplicità musicale ed esplosiva. Il tutto è naturalmente frutto dei cambiamenti interiori che ognuno di noi attua involontariamente con la crescita e l’esperienza. Da un punto di vista personale, se confronto le parole attuali con le righe di due o tre anni fa, mi accorgo dell’evoluzione formale e del contenuto: da monologhi lunghi, contorti, oscuri, a testi brevissimi, incisivi, indubbiamente più vicini ad un nuovo modo di percepire la realtà con il dovuto distacco. Poche parole, molti suoni, molto movimento e gestualità, nuovo modo di interagire. Ecco il nostro mondo.

Come giudicate il panorama musicale internazionale?
Daniela: Mi piace poco se riferito a quanto propongono giornalmente le nostre reti. Mi colpisce molto, ed in senso negativo, che l’emulazione e la personalizzazione nell’ambito di uno stesso genere musicale sia un atteggiamento sempre meno presente da parte degli artisti. Infatti prevalgono attitudini differenti, come il riprodurre di sana pianta un genere musicale che si scopre identico a quello di decine di altri gruppi a loro volta clonati da un prototipo iniziale. E il discorso non è valido solo per genere, effetti utilizzati e sonorità, ma anche look, atteggiamenti, movenze, parole e tipo di promozione pubblicitaria a denominatore comune. Per non parlare di coloro che hanno un grandissimo successo suonando cover di altri gruppi di cui non conoscono neanche il nome e, dopo aver guadagnato “qualcosina”, o spariscono improvvisamente o fanno le palline da ping pong tra una trasmissione di varietà e l’altra. Il cammino dell’artista è molto lungo e interiore prima di poter emergere del tutto riconoscendo pienamente se stesso. È troppo facile cominciare alla grande quando si è sostenuti, ma è anche vero che se non si maturano dentro certe consapevolezze si crolla dopo poco tempo e non rimane nulla: si è solo ciò che qualcun altro voleva, un mezzo per fare soldi.

Esortiamo ad una maggiore personalizzazione?
Esatto. Nessun moralismo ma una maggiore personalizzazione, esclusività e dignità, che intorno a me e nel corso di Sotterranea credo di aver visto in molti gruppi. È un aspetto decisamente positivo. Nonostante il generale appiattimento causato dalla televisione, ci sono gruppi che fanno la differenza e anche l’Italia ne ha qualcuno che non si adegua agli schemi. C’è un fermento nuovo e spero in un’ondata “mostruosa” che possa rivoluzionare la naturalezza di certi aspetti.

Sanremo in o out?
Sanremo out, e non per moda ma per il suo puntare più sull’audience che sulla musica. Lo seguo da sempre e posso dire che molti artisti hanno davvero dimostrato talento e professionalità, doti alle quali l’evento non ha saputo tenere testa, rivelandosi alla fine un appuntamento mondano come tanti altri. Ho trovato molto piacevole l’edizione condotta da Raffaella Carrà per la qualità delle canzoni proposte che hanno riscosso subito un grande successo di pubblico di qualsiasi genere ed età (il brano di Elisa è piaciuto indistintamente a tutti), a differenza di quanto ho visto quest’anno. Il vero problema del Festival è che manca di naturalezza, è troppo artefatto.

Global o no global?
No global, soprattutto se osserviamo cosa sta accadendo già da anni nel mondo riguardo l’economia di molti paesi distrutti da fame e guerra, che in una situazione di mercato ultra liberistico come quello proposto finirebbero per soccombere totalmente. Ci sono problemi da risolvere molto più urgenti della “moneta unica”: in Africa, in Afghanistan o in qualsiasi parte del mondo dove i diritti umani sono realmente calpestati, non credo importi molto. I cambiamenti di questo tipo favoriscono solo gli stati più potenti, e l’Italia non è certo fra essi, come molti fanno credere. Da un punto di vista culturale si rischia l’appiattimento se i popoli non decideranno seriamente di difendere le proprie tradizioni dall’incombente “americanizzazione” della conoscenza. Ogni nazione ha il diritto e il dovere di conservare le proprie tradizioni e risolvere i problemi interni prima di attuare iniziative di qualsiasi genere. Vendere la propria cultura è davvero poco dignitoso: il vero segno di maturità popolare consiste, invece, nel proteggerla e tollerare quella altrui interagendo con essa senza negare e senza negarsi. Quindi non lasciamoci soggiogare dalle belle parole sentite in tv, ma apriamo gli occhi.

Un commento sull’esperienza di “Sotterranea 2002”.
Sotterranea è stata fino ad ora una delle migliori esperienze vissute, a prescindere dall’aver vinto. Abbiamo incontrato serietà e passione, affabilità e cordialità con gli organizzatori, con il pubblico presente e con gli altri partecipanti. Ci siamo divertiti, abbiamo provato la prima emozione della vittoria e stretto amicizia con molti gruppi con i quali siamo tuttora in contatto. Di recente ci siamo sentiti con i Cardio, con cui probabilmente dovremo rivederci presto. In tal proposito colgo l’occasione per rivolgere un ringraziamento particolare a Franco Cameli, che ha saputo gestire con grande stile e correttezza una manifestazione molto bella e curata nei particolari.

Quali gruppi partecipanti avete apprezzato in particolar modo?
I Vappa, un’autentica esplosione di gioia nelle ritmiche e decise sperimentazioni musicali che non li rende il solito gruppo ska-core dei molti che si sentono in giro. Per non parlare della simpatia dei componenti con i quali, dopo la premiazione, siamo rimasti a parlare tutta la notte. Altro gruppo originalissimo sono i Derfeuer Krainer, i quali hanno proposto un copione innovativo: l’impatto scenico e la musica di stampo gotico mi ha ricordato gruppi noti come Elend e Ataraxia, Lacrimosa e Ramstein. Un altro gruppo interessante sono i Diabolico Coupè, che definirei sperimentalmente raffinati nelle musiche, nel cantato, nei suoni. Sono rimasta sinceramenta affascinata: la presenza del violino è un elemento che mi fa impazzire!

Avete avuto l’occasione di visitare San Benedetto del Tronto?
Purtroppo non abbiamo avuto il tempo materiale di visitare la città. Ci ripromettiamo di farlo prossimamente, anche perché vorremmo assaggiare le specialità tipiche del posto.

Gioia Del Colle offre possibilità ai gruppi emergenti? Ci sono strutture idonee?
No, per niente. Nel nostro paese questo aspetto culturale non è affatto valorizzato: al più si concepisce il gruppo popolare, ma nulla di quanto realizziamo. In passato le manifestazioni di musica giovanile sono state frequenti, ma con il tempo e senza il sostegno del Comune e della cittadinanza, sono diventate sempre più rare fino a scomparire. A Gioia Del Colle c’è l’abitudine di riempirsi la bocca dell’orgoglio artistico e musicale del passato, si parla sempre di una banda che ha girato il mondo a proprie spese e delle conquiste di gente che non ha mai ricevuto aiuto da nessuno. Si parla sempre di cose già fatte, ed è proprio questo tipo di mentalità ad impedire uno sviluppo in tal senso. Per fortuna abbiamo il teatro Kismet che, negli ultimi tempi, sta dando a molti giovani la possibilità di manifestare il proprio spirito creativo e artistico attraverso forme d’arte teatrali, musicali e visive. Purtroppo, però, resta decisamente una realtà a se stante.

Progetti futuri?
Un nuovo cd, un video insolito, altri concerti. Poi mi piacerebbe realizzare un cortometraggio la cui colonna sonora sia composta da pezzi nostri e di gruppi emergenti: sarebbe un’esperienza fantastica da un punto di vista collaborativo, creativo e – perché no? – pubblicitario. In questo modo permetteremmo non solo a noi, ma anche ad altri giovani volenterosi in campo artistico, di creare un’opera completa ed utilizzabile per la promozione e la conoscenza su più fronti culturali.

Un desiderio da realizzare.
Una sala di incisione per Cesare e Nicola. Per me tanti soldi da poter investire in un progetto di recupero culturale e naturale che garantisca molta occupazione dalle nostre parti e nelle aree più disagiate del pianeta. Sarebbe tutto più bello, no?
(rositaspinozzi@tin.it)