Alleghiamo un video, molto breve, che riguarda il progetto “Urban Center” di Brescia. Lo descrive l’assessore alla Cultura-Creatività-Innovazione Laura Castelletti. Un sistema assolutamente riproducibile a costo zero anche a San Benedetto. Se si vuole.

Pagina dell’Urban Center del Comune di Brescia: qui

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Facebook: Il lungomare è nostro e lo progettiamo noi

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il lavoro che stiamo facendo con il tentativo di coinvolgere quanti più cittadini nella vicenda del rinnovo del tratto nord del lungomare equivale metaforicamente al lavoro dell’aratro che dissoda un campo arido: solo una volta che la terra è pronta a ricevere la giusta quantità di pioggia e concime, allora sarà il caso di avviare il lavoro per irrigare al meglio il campo. Non ci fa paura dunque l’imbarazzante silenzio tombale di tutta la parte politica: è così, e basta, ci rimbocchiamo le maniche e passiamo l’aratro come buoi testardi.

Quindici anni fa, ero appena laureato, era addirittura l’attuale sindaco Gaspari (allora vicesindaco) che presenziava ad un mio progetto già allora “partecipativo” (in quel caso, tra le altre attività, con circa 600 questionari di quattro pagine compilati dai cittadini per definire uno scenario di rilevanza progettuale). Non fa nulla se, purtroppo, San Benedetto nel 2015 è indubbiamente indietreggiata almeno nello stimolo della ricerca delle novità. Non c’entra niente il taglio delle risorse da parte dello Stato centrale; al di là del fatto che lo scrivente contesta questi tagli come immorali e neocolonialisti, mentre in Comune e non solo non si alza mai una voce di rilevanza politica – e quindi sono accettati – c’è il fatto che è possibile spendendo zero (z-e-r-o) attivare le risorse di diversa estrazione presenti in città che contribuirebbero – ovviamente coordinati da un centro politico-amministrativo – con idee e anche azioni alla definizione di una città proiettata nel futuro.

Se vent’anni fa trovare i “best cases“, ovvero gli “esempi migliori” di politiche urbane era affare quasi solo per specialisti, manager o funzionari pubblici, oggi l’informazione è così articolata e, anche qui, gratuita, che la differenza sugli schemi da adottare la fanno essenzialmente la curiosità, il tempo che vi si dedica, la libertà di pensiero e la volontà di trovare nuove soluzioni.

Dunque l’imbarazzante silenzio, ben peggiore di quello che accompagnò il primo mandato Gaspari quando pure la speranza e ambizione a raddoppiare l’incarico spingevano ad un confronto mai troppo sereno ma alla fine necessario e umano, non può ridurre una città che al tempo di Perazzoli e fino ai primi anni Duemila si definiva (autodefiniva?) leader nell’intervallo tra Ancona e Pescara e oggi pietosamente a rimorchio anche nel confronto con la provincia italiana che dalla Romagna arriva in Puglia, e col rischio di una involuzione irrimediabile. 

Per questo stiamo cercando di riattivare le connessioni neuroniche tra tessuto sociale e culturale e politico-amministrativo. Quando già all’inizio dei Duemila si prospettava l’idea di realizzare un Urban Center cittadino, quando professionisti lo hanno proposto (gratuitamente) all’attuale sindaco ottenendo il solito imbarazzante silenzio (programmare l’è dura e non porta voti spiccioli), ecco che proviamo ad arare una nuova zolla di terreno proponendovi quanto realizzato da una giunta di centrosinistra italiana, a Brescia: un Urban Center per consentire il confronto continuo tra forze sociali e civiche cittadine e amministratori.

Perché le città complesse come San Benedetto, dove il confronto personale e il presenzialismo politichese servono a creare consenso ma non garantiscono poi né il medio e neppure il breve periodo (e non lo garantiranno nel 2016), non si governano più come negli anni ’70 e ’80, quando il laissez urbanistico e imprenditoriale compensava anche le scelte squinternate che oggi gravano sulla nostra vita quotidiana. Se non si creano connessioni costanti, durature, trasparenti, è impossibile avere successo. Certo tutto questo comporta fatica, organizzazione (e anche una idea di futuro un po’ meno punk, e anche lì l’è dura) e difficoltà ulteriori iniziali a fronte della necessità contingente a cui anche assessori e sindaco sono dolorosamente avvezzi (non solo a San Benedetto): trovare rimedi quotidiane alle richieste più disparate.

Ma la fortuna di avere 400 dipendenti comunali imporrebbe che uno o due di loro fossero demandati precisamente ad una iniziativa del genere, già con estremo ritardo. Se lo hanno fatto a Brescia possiamo farlo anche noi.