MONTEPRANDONE – “A diciassette anni feci l’apprendista ad Ascoli Piceno nella bottega di un buon maestro. Il trattamento che riservava a me il mio datore di lavoro era più generoso e meno pressante di quello che io debbo purtroppo riservare ai miei collaboratori. Avevamo uno stipendio con un potere d’acquisto maggiore rispetto a quello dei dipendenti di oggi. Da questo punto di vista registro un arretramento davvero forte. Allora non c’era questa crisi pertanto i datori di lavoro non dovevano necessariamente avere l’affanno della sopravvivenza. Al contrario in questi ultimi anni si vive con una tensione alta: gli imprenditori non sanno se tra un mese riusciranno a stare ancora sul mercato”.

Parla Renato Ciarrocchi, capitano d’industria nel settore delle energie rinnovabili e dell’intrattenimento per famiglie. Oggi, a cinquantaquattro anni con un matrimonio alle spalle dal quale ha avuto due figli, ha una compagna e una bimba in arrivo. Mi riceve presso la sua azienda di Monteprandone nell’ufficio del capo e si racconta con sorprendente semplicità sorseggiando il cappuccino del distributore automatico.

“Non avevo un soldo, ma ho realizzato l’ambizione di mettermi in proprio. Ho venduto la moto – era una Kawasaki – e ho acquistato un escavatore. Da lì sono partito. Oggi sarebbe forse impossibile farlo, ma allora era più normale. C’era una spinta propulsiva nel fare che oggi temo manchi”.

Rifletto sul fatto che, nonostante siano trascorsi appena quarant’anni dagli episodi che Ciarrocchi racconta, sono realmente mutate molte circostanze e condizioni della società. Capisco ad esempio che la parola “giovani” assume oggi un significato diverso rispetto ad allora. Cioè oggi si è considerati giovani, nel senso di non stabilmente occupati o nel senso di dipendere ancora dai genitori, fino a quarant’anni. Ci si affaccia tardi nel mondo del lavoro e in modo fondamentalmente immaturo, senza esperienza. Il mio interlocutore commenta così: “Tra i trenta e i quaranta anni si possono commettere gli errori più gravi. Di contro si riescono anche a fare le cose più importanti della propria vita. Il consiglio che posso dare oggi, e che do ai miei figli, è quello di riflettere molto, di non essere precipitosi e soprattutto di non sopravvalutare le proprie capacità”.

Mi capita sotto gli occhi la copia fotostatica della prima fattura emessa il 29 ottobre del ‘76. Ciarrocchi la nota e con un sorriso a nascondere un’affettuosa nostalgia spiega:
Facevamo tutto da soli: non avevamo l’ufficio, non avevamo la segretaria ma solo un garage. Si lavorava con molta naturalezza e tranquillità, nonostante alcuni problemi ci fossero anche allora. Era un modo diverso di prendere le cose. Con il mio socio formai una società di fatto: figurati che non sapevamo neanche cosa fosse una srl. Negli anni abbiamo poi costituito una società in nome collettivo (snc) e poi siamo passati alla società a responsabilità limitata. In futuro, ma solo se le circostanze ce lo permetteranno, potremo pensare ad una società per azioni e a un debutto nella Borsa italiana”.

Poi continua a raccontare gli anni Settanta:
“Il nostro parco macchine era formato da una sola Nsu Prinz. Andava molto bene, ma aveva un unico difetto: le batterie erano sotto il sedile posteriore. Quindi quando veniva caricata molto, il sedile si abbassava, le molle toccavano i poli delle batterie… Ti lascio solo immaginare quanti principi di incendio abbiamo causato nell’auto. Poi passammo ad una Citroën-Maserati: che vettura di lusso. E pensa che ci andavamo in cantiere! Eravamo ragazzi, spendevamo tutto quello che guadagnavamo: era meraviglioso”.

Uno stile di vita che forse non raccomanderesti ai tuoi figli.
“Senza dubbio. Tuttavia ho sviluppato una mia teoria sui pro e i contro dello scialacquare il denaro. In poche parole se si vuole sperperare il denaro occorre farlo con il proprio e non con quello degli altri. In questo modo si capisce anche la fatica del lavoro. Dall’altra parte se abitui un figlio ad essere particolarmente parsimonioso, è possibile che crescerà secondo uno stile di vita modesto ed è probabile che non si darà da fare abbastanza per ottenere ciò che desidera”.

Tu, assieme al tuo socio Troiani, hai costruito una realtà imprenditoriale importante nel nostro territorio.
“Oggi il nostro gruppo è costituito di una cinquantina di società collegate. Molte si occupano di energia, alcune sono impegnate nell’industria del benessere e dell’intrattenimento, altre nel settore immobiliare. C’è moltissimo da fare ma ti confesso che a volte amerei tornare alla vita di cantiere, salire su un escavatore piuttosto che passare ore in conferenza con cinesi, americani e russi. Sono convinto che il vero lavoro sia quello che ti fa sudare la fronte, quello degli operai. Ciò che invece faccio io è creare lavoro. O almeno ci si prova”.

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