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SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “L’Area Vasta non sia colonizzazione”. E’ l’ennesimo avvertimento alla Regione di Giovanni Gaspari, che tiene a puntualizzare come San Benedetto sia una città matura, non intenzionata a ricoprire il ruolo di succube ascolana nel campo della Sanità. “Serve reciprocità – tuona il primo cittadino – il Madonna del Soccorso rappresenta dodici Comuni, non solo il nostro e io sono il presidente di distretto. Se qualcuno dei nostri va in Ascoli, qualcuno di Ascoli venga da noi. Mettiamo sul tavolo i reparti di Ginecologia, Traumatologia e Pronto Soccorso: dove si totalizzano più numeri? Accettando lo spostamento di Oculistica abbiamo già dato”.

Vecchie rivendicazioni ed obiettivi chiari, come Piero Ciccarelli ed Antonio Canzian. E se per il direttore generale dell’Asur, che lo aveva tranquillizzato, la replica è ironica (“sono felice che le mie siano preoccupazioni infondate, aspetto fiducioso”), per il secondo la dedica è assai meno tenera. “Gaspari sta mettendo San Benedetto contro tutti – aveva dichiarato l’assessore regionale del Pd – Dobbiamo imparare ad essere uniti e propositivi, mi sorprende il suo improvviso risveglio dopo sei anni di tranquillità. Credo che stia compiendo un errore”.

Immediata la reazione: “Ognuno metta la faccia in quello che dice, la gente se ne ricorderà. Ricevo rassicurazioni da tre anni. Io analizzo i dati oggettivi. Vorrei inoltre ricordargli che la delega al Piceno non è una delega ad Ascoli”.

Sul paventato uno contro tutti invece, il numero uno di Viale de Gasperi sfoggia a sorpresa un’alleanza inaspettata: “Stamane mi ha chiamato Bruno Gabrielli per esprimermi solidarietà. La Sanità è un tema che non fa distinzioni tra destra e sinistra. Questa città dimostrerà grande unità e compattezza”.

Penalizzati dal nord delle Marche e all’interno della stessa Provincia. Eccolo il duplice timore di Gaspari, che proprio non apprezza i risvegli intermittenti di Palazzo Raffaello in cui si finiscono con l’elencare gli interventi in Riviera: “Non fa loro onore elencare i lavori, come se questi fossero una loro gentile concessione. Senza dimenticare che le messe in sicurezza di ponti (in riferimento al Tronto, ndr) non sono da considerarsi come opere infrastrutturali. Non abbiamo l’anello al naso, noi un ponte ce l’avevamo. Sarebbe più corretto paragonare gli investimenti a quelli che vengono attuati in altre località”.