SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riportiamo di seguito, integralmente, un commovente ricordo di Luigi Tommolini riguardante Carla Bisirri, una delle due ragazze morte a seguito del rogo del Ballarin.

Mi ricordo con piacere, tempo fa, di quando ero fanciullo e mia mamma mi portava dalla sua parrucchiera Lisetta, a poche centinaia di metri da casa nostra a Martinsicuro, paese sul litorale del medio-Adriatico a circa otto chilometri a sud da San Benedetto del Tronto.

Era là che lavorava una ragazza che, nonostante la sua giovane età (avrebbe potuto avere tredici, quattordici anni), dimostrava già di essere matura nel parlare e nel comportarsi.

Una ragazza diversa dalle sue coetanee, molto sveglia, essenzialmente molto più avanti di loro.

Il suo nome era Carla ma chi la conosceva bene la chiamava Carletta, forse per via del suo fisico, un gioiellino di neanche cinquanta chili.

Appena entrato nel negozio mi accarezzava con dolcezza e non mi faceva mai mancare le sue “coccole”, quelle che si fanno di solito ai bambini; tutta seria, comunque, tornava subito al suo lavoro.

Carla Bisirri, con l’entusiasmo di una ragazzina, partiva ogni giorno da casa sua nella “zona dell’Agraria” della vicina Porto d’Ascoli, località del comune di San Benedetto del Tronto e suo normale prolungamento a sud, a metà strada tra San Benedetto del Tronto e Martinsicuro, sempre sul litorale del medio-Adriatico.

Le piaceva lavorare e imparare il proprio mestiere e ad accompagnarla ci pensava spesso il suo papà Gino che stravedeva per lei; altre volte, quando Gino non poteva, ma sempre rigorosamente accompagnata da un familiare, utilizzava l’autobus della linea San Benedetto-Martinsicuro che effettuava una delle sue fermate proprio davanti casa Bisirri.

Con mia mamma, Carla faceva discorsi profondi, mai frivoli, mai sciocchi dispensando anche utili consigli; traspariva in lei il suo forte attaccamento per la famiglia, per il suo papà e per sua mamma Ottaviana i quali seguivano dappertutto la loro primogenita, il loro gioiello di figlia che misero al mondo quando avevano un’età di venti e venticinque anni.

Era piacevole andare dalla parrucchiera soprattutto per la presenza di Carla.

Una volta compiuti i diciotto anni d’età Carla decise di avviare, sotto casa sua, un’attività in proprio di parrucchiera.

In breve tempo riuscì a farsi un discreto numero di clienti e molti venivano da Martinsicuro dove aveva imparato il mestiere e lavorato e dove aveva lasciato un bel ricordo professionale ed umano.

Poi un giorno conobbe Ricardo, un ragazzo di quattro anni più grande di lei.

Carla lo presentò subito a casa e piacque anche ai suoi genitori; non uscivano mai soli, come richiedeva l’educazione del suo papà e della sua mamma.

Era graziosa Carla, un fiore.

Lei e Ricardo, molto innamorati, fissarono la data del loro matrimonio per il mese di settembre del 1981.

Tre mesi prima, domenica 7 giugno 1981, Carla aveva da poco compiuto ventuno anni e la Sambenedettese, squadra calcistica di San Benedetto del Tronto si apprestava a tornare in serie B.

C’era grande festa anche a Porto d’Ascoli dove tutta la cittadina parteggiava per i colori rossoblu della Samb! Ricardo era un suo fedele sostenitore e non voleva mancare alla festa; decise di portare con sè la sua amata Carla insieme a uno zio della ragazza. Ricardo cercò di coinvolgere nella festa rossoblu anche il fratello di Carla che all’epoca aveva dieci anni ma lei si oppose pensando che poteva essere pericoloso per un bambino così piccolo assistere a quella partita!

Al momento di dirigersi verso lo stadio, Carla volle ritornare a casa una prima volta a cambiarsi gli abiti: “E’ meglio indossare un paio di pantaloni!”… poi tornò e ci ripensò di nuovo: “E’ forse meglio mettere questo vestito invece di quello…”. Insomma, non era tranquilla!
Forse, inconsciamente, aveva qualche malefico presagio!

Non era mai stata all’interno di uno stadio di calcio ad assistere ad una partita, ma la giornata festosa e la presenza del suo Ricardo l’avevano convinta e assicurata. Avvolta nella festa del “Ballarin”, lo stadio della Sambenedettese, fra tamburi assordanti e tanta carta, anche lei, come la povera Maria Teresa Napoleoni, andò incontro ad un tragico destino.

Travolta dal panico e dalla calca violenta il suo grido “Forza Samb” fu strozzato cadendo sul rogo; “Carla, dove sei!!” urlò infinite volte il suo futuro sposo!

Nella calca si persero!

Invano sia lo zio che Ricardo, disperati, cercarono di trovarla, di allontanarla dal rogo, di soccorrerla!

Troppo tempo rimase avvolta dalle fiamme malefiche che le deturparono il suo fisico ormai distrutto. Una volta trasportata all’ospedale il suo papà la riconobbe solo per la forma della sua fronte…

Insieme alla Napoleoni il giorno dopo, con il volo della speranza, fu trasferita in elicottero nella capitale.

Quando il 13 giugno 1981 Maria Teresa chiuse per sempre gli occhi, Carla aveva ormai perso tutte le forze per lottare; ai suoi genitori e all’inconsolabile Ricardo manifestò il desiderio di morire a casa sua: “Portatemi a casa! Voglio morire a casa!”

Ma ormai era troppo tardi e a Roma Carla Bisirri chiuse per sempre i suoi occhi la sera del 17 giugno 1981, giorno seguente al funerale di Maria Teresa amica nel crudele destino.

Lasciò affranti e addolorati tutti i suoi cari, la sua famiglia e colui che avrebbe dovuto e voluto sposarla solo tre mesi dopo…

Ricardo trascorse gli anni successivi nel ricordo della sua amata Carla vivendo sempre con grandi “sensi di colpa” per averla portata al “Ballarin” quella maledetta domenica.

In silenzio, senza farlo sapere a nessuno, nascose il suo improvviso e tremendo male che lo consumò in breve tempo e lo portò alla morte pochi giorni prima di Natale dello scorso anno.

Il suo unico “testamento” di morte, detto ed eseguito, fu la ferma volontà di farsi “cremare” per riposare al fianco della sua futura sposa; e lei lo “aspettò” quasi trent’anni vestita per tutta l’eternità col suo abito nuziale.

Nel tuo ricordo Carla, ora insieme a quello del tuo sposo, mai ti mancheranno le mie preghiere, dolci carezze per te, simili a quelle che tu, tempo fa, con la tua ineguagliabile dolcezza mi davi.

Una prece.

Luigi Tommolini