SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Alcuni rifiuti speciali sono stati portati via per essere smaltiti, ma la situazione rimane da monitorare. Parliamo del deposito di rifiuti (anche chimici) presente in un pezzo di terreno nella periferia sambenedettese, Zona Agraria, fra via Val Tiberina e il rilevato dell’autostrada A14. Il nome della società che lo gestiva su autorizzazione della Provincia, e che è fallita nel 2009, ha dell’ironico. Si chiama infatti “La Piattaforma ecologica”, ma di ecologico quel deposito ha ben poco, e i nostri lettori possono averne consapevolezza leggendo la nostra rassegna di articoli cliccando qui.

“E’ stata effettuata la caratterizzazione dei rifiuti, ne sono state individuate le tipologie – afferma l’assessore all’Ambiente Paolo Canducci – e sono stati rimossi e avviati a smaltimento alcuni rifiuti che stazionavano nel piazzale esterno. Sono state poi svuotate delle vasche che contenevano dei liquidi, e i tecnici che seguono la vicenda mi hanno confermato che non si tratta di percolato”.

La situazione è complessa. La dittà che gestiva il deposito di rifiuti è fallita, i rifiuti sono lì all’aperto e non si sa bene chi debba farsene carico. C’è la polizza fidejussoria obbligatoria per legge, ma il suo importo ammonta a 70mila euro, cifra non sufficiente per mettere in piena sicurezza il sito. Il Comune intende rivalersi sulla ditta tramite i meccanismi della procedura fallimentare. Canducci ribadisce quanto affermato a Rivieraoggi.it questa estate: “Speriamo che la giustizia ci aiuti a fare luce su questa intricata vicenda, noi un’idea ce l’abbiamo e la ripetiamo. Riguardo alle società coinvolte, crediamo che si tratti di un gioco di scatole cinesi, ma non è giusto che il cerino e le spese rimangano in mano alla collettività”.

C’è anche preoccupazione per il potenziale rischio di inquinamento del vicino fosso collettore, un canale di irrigazione che scorre a pochi metri dal deposito, a est dell’autostrada, e che irriga alcuni orti nella zona di via dell’Airone, per poi sfociare in mare nella Riserva Naturale della Sentina. Il presidente di questo ente, Pietro D’Angelo, ci ha confermato che occorre la massima attenzione sul rischio di perdite inquinanti che poi finirebbero dritte nella spiaggia di una Riserva naturale. D’Angelo si è impegnato a sollecitare gli organi competenti e fare delle analisi sulle acque del canale.

Del rischio per il canale, da tutti a Porto d’Ascoli conosciuto come “lu cavatò”, sono testimoni anche le parole di una relazione compiuta dalla Polizia Municipale alla fine del 2009: “Sul fronte est, a ridosso della linea di confine dell’impianto, scorre in parallelo un canale superficiale in cemento per il deflusso delle acque meteoriche. Si presume che in tale condotta, affluente del canale consortile che sfocia a mare, possano riversarsi liquidi derivanti dall’infiltrazione di acque meteoriche nella massa dei rifiuti o eventuale decomposizione degli stessi (percolato)”.
Anche per il rischio di incendi, non riceviamo rassicurazioni positive dalle relazione dei Vigili Urbani: “Non è possibile escludere che si possano produrre reazioni chimiche per interazione fra i materiali”.

Insomma, la situazione di quel deposito merita attenzione costante da parte della politica, delle forze dell’ordine, della giustizia. Ma anche della stampa e dei singoli cittadini. Invece la sua collocazione periferica pare farne una questione di secondo ordine, lontana e distante. Per completezza di cronaca, a pochi metri da lì si trova il terreno che dovrebbe ospitare il mega deposito sotterraneo di stoccaggio di gas metano, nelle cavità di un giacimento esaurito.