SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Siamo per uno sviluppo armonico della città, che deve passare attraverso un piano regolatore e non tramite le varianti urbanistiche. Siamo contro ogni riproposizione dello spirito dei vecchi Prusst. Siamo vicini alle esigenze dell’imprenditoria, ma ci piacciono gli accordi fra pubblico e privato in cui il beneficio per il pubblico è trasparente».

Bruno Gabrielli e Pasqualino Piunti, dopo mesi di silenzio, tornano a prendere posizione nel dibattito politico cittadino su una questione molto sentita, quella della cosiddetta “megavariante” con la quale l’amministrazione comunale intende reperire l’area da girare alla Fondazione Carisap per il suo investimento architettonico ad uso pubblico, realizzare la nuova piscina comunale, interrare i tralicci della sottostazione ferroviaria di via Bianchi, rendere parco pubblico una parte della zona Brancadoro. Impegni richiesti dal Comune ai privati, che come corrispettivo ottengono diritti edificatori. Il tutto normato da un bando pubblico che sta venendo alla luce negli uffici tecnici del Comune, anche se si tratta di un “parto” complesso e lungo più del previsto (il sindaco Gaspari a inizio estate disse che sarebbe stato pronto in questi giorni, ma così non è stato e probabilmente non sarà).

Piunti e Gabrielli sostengono che la cosiddetta Grande Opera realizzabile dalla Fondazione Carisap potrebbe essere una “foglia di fico”. Ne apprezzano il valore, paventando rimpianti se la scelta della Fondazione dovesse cadere su Grottammare. Ma non apprezzano la gestione della vicenda da parte dell’amministrazione comunale.

Da parte dell’amministrazione comunale, va detto, la scelta di fare un bando di gara e inserire altre opere pubbliche negli impegni richiesti ai privati è stata compiuta deliberatamente anche per mettersi al riparo da eventuali “fluttuazioni” della vicenda Grande Opera. In sostanza, per trovare un conveniente (per le esigenze pubbliche giudicate prioritarie da Gaspari e giunta) accordo pubblico-privato anche al di fuori del terreno da fornire per la Grande Opera. In modo che, se per qualsiasi motivo la Grande Opera non dovesse scegliere San Benedetto, il Comune avrebbe comunque da mettere sul tappeto la realizzazione di altre opere pubbliche.

Fatto sta che, per i due leader del Pdl sambenedettese, la Grande Opera sarebbe una “foglia di fico”, come detto. Ma per nascondere cosa? Qui il giudizio di Piunti e Gabrielli, curiosamente, non si distacca da quello espresso dalla “sinistra radicale” sui risvolti cementificatori della megavariante.

«Una foglia di fico per una possibile devastazione del territorio. La megavariante venne approvata il 23 dicembre in un consiglio comunale segnato dal crearsi di una nuova maggioranza diversa da quella del voto. Il 31 dicembre prossimo, giorno in cui scade l’aut aut della Fondazione Carisap che vuole sapere se l’area la potrà ottenere o meno, sapremo se davvero la megavariante è così funzionale alla Grande Opera oppure no».

Da parte di Gabrielli, poi, un’altra presa di posizione che richiama prese di posizione tipiche di altre aree politiche. «San Benedetto non ha più bisogno di case e uffici, gli appartamenti infatti rimangono sfitti. Qui gli imprenditori vanno diretti verso una riqualificazione turistica della città, per renderla più bella e avveniristica partendo da ciò che c’è già».