SAN BENEDETTO DEL TRONTO- Per comprendere il fenomeno della clandestinità e gli effetti della stessa sul sistema giudiziario, abbiamo intervistato Umberto Gramenzi, legale di molti dei soggetti implicati in processi di clandestinità nel Piceno. L’avvocato ci ha illustrato le procedure ed i provvedimenti riservati al reato di clandestinità.

Dopo la legge Bossi Fini nel 2000, oltre 22 mila e trecento immigrati nelle Marche sono diventati regolari grazie all’acquisizione del permesso di soggiorno e nel 2006 (fonte ISTAT), gli immigrati regolari nella regione Marche erano diventati 75mila.

Il numero di immigrati regolari nelle Marche e nel Piceno è cresciuto notevolmente nel tempo ma di pari passo, sembrerebbe però destinato a salire anche il numero degli “irregolari”, o meglio i soggetti clandestini nel territorio nazionale senza requisiti di soggiorno.

Non sembrano esistere dati aggiornati sul numero di immigrati irregolari, ma solo alcune stime che rispecchiano gli effetti di una legge che fa parte del testo unico concernente la disciplina dell’immigrazione e le norme sulle condizioni dello straniero.

La lotta alla clandestinità è una piaga che lo Stato cerca di combattere con mezzi e meccanismi che spesso sono difficili da decifrare. Per noi l’avvocato Umberto Gramenzi, ha cercato di illustrare il sistema che gli organismi preposti adottano contro la clandestinità.

Chi è clandestino per il nostro Paese?

«Chi non ha i requisiti per sostare in Italia. Cioè chi non possiede il permesso di soggiorno». Come entrano in Italia i soggetti privi di requisiti e quali sono i rischi ai quali vanno in contro? «Da qualche parte entrano, ma non dai valichi di frontiera. E’ chiaro che se non hanno il visto dell’ambasciata non possono chiedere automaticamente il permesso di soggiorno alla questura perché viene rilasciato solo se si possiede il visto. Nello specifico, ogni soggetto che intende venire in Italia e non appartiene alla Comunità Europea, deve ottenere il documento dall’ambasciata italiana dei paesi di provenienza. Questo permetterà al migrante di presentarsi alla frontiera italiana. In seguito, entro 8 giorni dall’ingresso nel nostro paese, il migrante dovrà recarsi alla questura e richiedere il permesso di soggiorno per sostare nel territorio italiano dichiarandone le molteplici ragioni: lavoro, famiglia, turismo, etc».Cosa succede se le forze dell’ordine fermano un cittadino sprovvisto di documenti e permessi?

«Nel momento in cui vengono fermati e se in assenza di passaporto o permesso di soggiorno, la regola dice che il clandestino deve essere portato alla frontiera e questo è scritto nelle norme sulla condizione dello straniero, articolo 13».In realtà cosa succede, viene rispettato l’articolo in questione?

«Sì. Il prefetto fa l’espulsione se il soggetto non ha i requisiti. Il questore deve eseguire quello che dice il prefetto ed ha 3 modi per allontanare il clandestino dal Paese. L’articolo 13 è chiaro».Quali sono i provvedimenti che il questore adotta in questi casi?

«Il primo è quello di portarlo alla frontiera. È la regola, va portato alla frontiera. Spesso accade che il clandestino mente sulla propria nazionalità o addirittura, essendo sprovvisti di passaporto risulterebbe impossibile consegnarlo alla frontiera di qualsiasi paese perché non si conoscono le sue origini. Chi lo prenderebbe in custodia un clandestino se non ha la certezza della sua nazionalità?».

Se mancano i requisiti per portarlo alla frontiera?«Si applica la seconda o la terza regola. Nel primo caso il clandestino viene portato al centro d’espulsione che provvederà all’identificazione del soggetto entro 180 giorni. Se non viene identificato entro questo tetto massimo, per ovvi motivi, vengono nuovamente rilasciati con l’avviso di abbandonare il paese. Se nemmeno la seconda regola risulta applicabile, il questore per rispettare sempre le disposizioni del prefetto, applica il decreto amministrativo, terza e più freuquente regola, nel quale è stabilito che il soggetto clandestino dovrà abbandonare l’Italia entro 5 giorni».

In pratica viene “rilasciato” con la speranza che se ne vada da solo, ma se questo non avviene?

«Se allo scadere dei termini previsti dal decreto viene fermato e notificata la violazione del provvedimento, il soggetto si troverà nel penale. Subirà un processo».

«Il clandestino sarà condotto nelle aule penali dove verrà condannato se riscontrato il presupposto. Una “bastonata” perché le pene vengono seriamente applicate e il clandestino sconta in carcere il reato contestato».

Scontata la pena si ritorna in libertà? «Nel nuovo pacchetto sicurezza è possibile arrestare un clandestino ogni qual volta che ha violato il provvedimento del questore. Per assurdo potrebbe essere fermato e condannato al carcere anche 50 volte per lo stesso reato di clandestinità». Quali sono gli effetti di questo nuovo provvedimento? «Molti potrebbero credere che sia quasi incostituzionale perché non è possibile che si venga condannati per lo stesso reato, o meglio per lo stesso provvedimento al quale il questore ha cambiato di volta in volta solo la data. Quel clandestino ha già scontato la pena». Agli occhi di un profano il sistema sembra quasi un cane che si morde la coda giusto? «Diciamo che i clandestini scontano la loro condanna amaramente. Diciamo pure che la legge viene rispettata fino in fondo ma è altresì vero che apparentemente sembra difficile risolvere il problema con questo sistema. Intendo dire che il giusto intervento sarebbe quello di evitare gli ingressi irregolari a monte».