SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Faccio un sincero in bocca al lupo a Luca Vignoli, una persona preparata, corretta e competente che ho già avuto modo di sentire telefonicamente». Nelle parole di Bruno Gabrielli si legge la comprensibile amarezza per una candidatura al consiglio regionale parsa come certa per mesi, ma sfumata al fotofinish ed il sentito augurio al collega di partito, rientrato in corsa quando ormai nemmeno il diretto interessato se l’aspettava più.

Tutto deriva dal discorso legato alle quote percentuali all’interno del Popolo della Libertà, da spartire su base nazionale in un esatto 70-30, a vantaggio rispettivamente di Forza Italia ed Alleanza Nazionale.

«Evidentemente il dato di quest’ultima corrente era inferiore al dovuto ed è stato necessario riequilibrarlo», spiega l’assessore provinciale al Turismo, che comunque si definisce sereno: «Non ho recriminazioni da fare. Sono un uomo di partito ed ho dato la disponibilità al coordinamento regionale, che mi aveva proposto tale opportunità. Fino a martedì la mia presenza sembrava sicura e ufficiale, mentre ieri sera improvvisamente la situazione è mutata. Ne prendo atto e accetto tranquillamente le decisioni».

Tranquillità vera o presunta, che in ogni caso fa a “pugni” con una campagna elettorale che Gabrielli aveva iniziato con largo anticipo rispetto agli stessi alleati. Manifesti più o meno grandi situati in gran parte della provincia e persino una sede in Via Montebello che era in fase di apertura. Un investimento corposo e massiccio, che però non darà i suoi frutti.

«Molti di quei poster erano legati ad una promozione d’immagine non necessariamente abbinata alla corsa per Palazzo Raffaello. In nessuno dei manifesti presenti fino a giovedì scorso infatti, compariva un riferimento alle regionali. In ogni caso era giusto non partire svantaggiati rispetto agli avversari e per correre alla pari con gli altri ho voluto muovermi in questo senso».

Migliaia di euro che il consigliere del Pdl assicura di aver sborsato di tasca propria e che ora serviranno a Vignoli per preparare una campagna elettorale “flash”, della durata di appena un mese.

«Se fossimo partiti quattro mesi fa come il Pd sarebbe stato tutto più semplice», ammette Gabrielli. «Ma per loro la strada era in discesa, dato che candidavano il Presidente uscente, che comunque ha ugualmente avuto le sue grane con Rifondazione».